Conte minaccia lo strappo ma poi fa retromarcia per non lasciare la trattativa in mano a Grillo

Nel pomeriggio, tra i parlamentari vicini al ministro degli Esteri, si ipotizza uno scenario (pericoloso per Conte): «Il garante Beppe Grillo può assumere lui in prima persona l’iniziativa politica per indirizzare la linea di ministri e gruppi parlamentari sulla riforma della Giustizia». Ipotesi che avrebbe strappato dalle mani dell’ex premier la regia delle trattative. A quel punto, Grillo (da garante) avrebbe potuto dettare la linea ai parlamentari sul voto di fiducia. Troppe insidie hanno suggerito a Conte di evitare il muro contro muro. La strategia iniziale era un’altra: tenere Draghi in freezer per altri giorni. Arrivare al 3 agosto, giorno dell’inizio del semestre bianco, senza accordo sul testo. Da quel giorno in poi il leader dei Cinque stelle avrebbe avuto maggiore agibilità. I deputati e senatori grillini non avrebbero più avuto il timore di andare al voto. Progetto che si è schiantato contro la minaccia di Draghi di andare in Aula con il testo originario, chiedendo la fiducia. A complicare la giornata no c’è l’addio al M5S della senatrice Elena Botto. L’esordio del «Conte leader» è da dimenticare.

IL GIORNALE

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