Conte se la prende con il «turbo-decisionismo»: non si uccide la dialettica
Il punto è che Draghi ha raggiunto l’obiettivo. E se un tempo sulla giustizia saltavano i governi, ora è saltato solo il fine settimana dei deputati. Per Conte d’ora in avanti sarà più complicato. Intanto dovrà decidere se i deputati grillini che non voteranno la riforma andranno espulsi. E poi dovrà capire su quale terreno affrontare il premier: sulla riforma del fisco sarebbe complicato, perché nessuno stavolta potrebbe affermare che «Draghi non ci capisce un c…». L’esecutivo insomma non pare minacciato, «con le scadenze imposte dall’Europa — sostiene Giorgetti — se saltasse il governo salterebbero i fondi del Pnrr». Chi lo spiegherebbe agli italiani?
Ci sarebbe un’altra strada per Conte: se Draghi venisse eletto al Quirinale. La politica attende di capire le mosse del premier, ma appena qualcuno prende alla lontana il tema, l’ex capo della Bce risponde di essere «concentrato sui dossier di governo, sulle riforme, su come farle e su come portarle a compimento». E fine della conversazione. Sarebbe sorprendente se Conte lo aiutasse nel trasloco. Tipo Coppi e Bartali che si passano la borraccia.
Nel frattempo il leader M5S e i suoi alleati devono stare attenti a non bucare. C’è un chiodo, un altro, che gli eventi hanno posto sulla loro strada. A Siena la competizione per le suppletive è stata ravvivata dalla notizia dell’acquisizione di Mps da parte di Unicredit. I dem sono in subbuglio, i grillini pure. Entrambi speravano che il tema si affrontasse dopo il voto. E invece no. La sfida al «turbo-decisionista» Draghi va rinviata. Prima va evitato che la gomma si sgonfi.
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