Conte: “Draghi ascolti i Cinque stelle, il reddito di cittadinanza non si tocca”

Ilario Lombardo

ROMA. Sarebbe stato pronto a far cadere il governo, se non le avessero concesso le modifiche che chiedeva alla riforma del processo penale? Giuseppe Conte si prende qualche secondo prima di rispondere: «Mai pensato a causare una crisi di governo». Tra qualche giorno l’ex presidente del Consiglio sarà incoronato leader del M5S. Un nuovo ruolo, una nuova vita politica ancora tutta da scrivere e un obiettivo che fa trapelare dalle sue risposte a questa intervista: tornare al governo con le prossime elezioni. La giustizia è il primo test della sua leadership e lo affronta tra due fuochi: tra chi sospetta che abbia voluto far traballare l’esecutivo di Mario Draghi e chi dice che il compromesso sulla prescrizione sia comunque da bocciare.

Sicuro di garantire la fiducia sulla riforma? Il M5S ha avuto 40 assenti, alcuni di peso, come la co-relatrice del testo Sarti. Un deputato voterà contro e ieri in assemblea altri due hanno definito quel testo “un abominio”.
«Nel nuovo corso del M5S la presenza compatta sarà la cifra della nostra forza politica. Sulle assenze mi sono espresso ieri: non mi piacciono. Ma la fiducia è assicurata».

Ma è più importante una buona riforma della giustizia o restare al governo?
«Essere in questo governo ci ha permesso di apportare dei miglioramenti significativi per tutti gli italiani. Senza di noi non ci sarebbero stati. Con il presidente Draghi e con la ministra Marta Cartabia siamo stati chiari sin dall’inizio: il disegno originario della riforma, come evidenziato dai più autorevoli addetti ai lavori, avrebbe provocato un collasso della giustizia penale. E noi non potevamo permetterlo».

Molti magistrati come Nicola Gratteri e non solo, l’Anm, il Csm continuano a sostenere che la riforma è pessima.
«Faccio presente che, di fronte a un blocco di forze politiche che ha fortemente contrastato i nostri interventi migliorativi, a partire dalla Lega che pubblicamente sostiene la lotta alla mafia e poi ha tentato di boicottarci in tutti i modi, abbiamo ottenuto importanti modifiche: un regime transitorio che introduce tempi più lunghi per i processi fino a dicembre 2024, un comitato tecnico-scientifico che monitora l’impatto delle norme e degli investimenti, da qui al 2024 e sollecita al ministro della Giustizia eventuali correttivi. Infine: la possibilità di portare al limite della durata massima tutti i processi su semplice iniziativa del giudicante».

Ai magistrati che si aspettavano di più dal M5S, per esempio anche sulla priorità dell’azione penale vincolata al Parlamento, cosa risponde?
«Quella norma a noi non è piaciuta ma abbiamo ottenuto il suo depotenziamento. Prometto a tutti i cittadini che, se alle prossime elezioni politiche ci daranno ampia fiducia col loro voto, il M5S si farà garante di ulteriori interventi migliorativi, se serviranno. Il principio di legalità, il contrasto alla mafia, alla corruzione e ai reati ambientali sono per noi valori assoluti».

Ma così non è una mezza sconfitta per il M5S? Avete anche chiesto ai parlamentari di evitare manifestazioni critiche.
«La valutazione andrebbe ribaltata. Grazie alle nostre osservazioni il governo ha ammesso pubblicamente che servivano importanti miglioramenti sul testo originario e si è predisposto ad attuarli».

Un testo che il M5S aveva votato compatto in Cdm, salvo poi sconfessarlo.
«Diciamo che in quel momento non c’era una leadership chiara e riconosciuta con cui il premier e gli altri partiti potevano interloquire. La nostra forza in questa trattativa è stata che non abbiamo fatto valere bandierine ideologiche ma l’interesse generale».

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