Stato d’emergenza, quell’insulto alla Costituzione

MASSIMO CACCIARI

Sotto la pressione della pandemia e l’ansia comprensibile per superarla al più presto viviamo un periodo di profonde trasformazioni giuridiche, istituzionali e politiche senza chiara consapevolezza, in modo informe e casuale. Qui sta il vero pericolo. Tendenze in atto da tempo, almeno dalla grande crisi che inaugurò il millennio con le Torri Gemelle, che sono andate via via “volatilizzando” i poteri delle assemblee elettive, trasformando da noi l’attività legislativa sostanzialmente in convalida della decretazione d’urgenza, e ciò sempre, si dice, per rispondere con tempestività ed efficacia a un bisogno di sicurezza e protezione invocato dall’opinione pubblica, vanno ormai stabilizzandosi: lo stato di emergenza sta diventando la norma, ormai con la benedizione anche di ex-garantisti e ex-giustizialisti.

Che questo non interessi i virologi può starci. Che non interessi politici e giuristi forse meno. Una volta si parlava della “forma” delle leggi. Qual è la “forma” del Decreto Legge che proroga lo stato di emergenza, per la quinta volta(se non conto male) dal 31 gennaio 2020? Esiste nel nostro ordinamento qualche norma che consenta in via generale di proclamare lo stato di emergenza? L’art.7 del Codice di Protezione Civile? Non sembra – poiché lì è fatto esplicito riferimento soltanto a calamità naturali, quali sismi, eventi metereologici eccezionali, ecc.

Esiste comunque la possibilità di incardinare nella nostra Costituzione l’idea di “stato di emergenza”? Meno che meno. Come spiegava la professoressa Cartabia, nella sua veste “scientifica, i nostri Padri non vollero che si ripetessero le condizioni che portarono nella Repubblica di Weimar al continuo ricorso all’istituto (previsto in quella Costituzione) dello “stato di eccezione”, con le ben note conseguenze. Il ricorso alla formula dello “stato di emergenza” sembra perciò, ben più che frutto di totale improvvisazione, l’autofondazione di una nuova norma, e cioè una, per quanto informe, innovazione di sistema. Anche per la fondamentale ragione che nulla si dice nel DL del 23 luglio sulla possibilità di ulteriori proroghe. L’art.24 del Codice di Protezione Civile recita che lo stato di emergenza nazionale non può superare i 12 mesi ed è prorogabile per non più di ulteriori 12. Questo art. non è richiamato nel Decreto, e pour cause, poiché in generale il Codice non poteva esserlo, non prevedendo, come si è detto, altro che calamità naturali (che è espressione tecnica, e non può venir manipolata ad libitum). Né vengono in alcun modo indicati i criteri in base ai quali lo stato di emergenza potrebbe finire. Tutti vaccinati dagli 0 ai 100 anni? Nessun contagio più? Su quali indici, su quali dati si intenderà procedere? Si pensa esista un termine ultimo decorso il quale ogni ulteriore proroga diviene impossibile? Semplici, socratiche domande… È palese che nella nostra Costituzione non può trovare radicamento l’idea di “stato di emergenza”. Forse però qualcosa di analogo. La mia modesta competenza in materia mi suggerisce che il “caso” può risolversi soltanto attraverso la lettura combinata degli artt. 13, 16 e 32. “La libertà personale è inviolabile”(art.13) e solo in casi «indicati tassativamente dalla legge» l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori da comunicarsi entro 48 ore all’autorità giudiziaria, ecc.

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