Morto Gino Strada, una vita al fronte con Emergency: la Ong, Teresa e 11 milioni di pazienti
di Mario Porqueddu
Aveva 73 anni, nel ’94 con la moglie fondò Emergency. L’ultimo scritto sull’Afghanistan e l’avanzata dei talebani
A volte ricordava di quando molti anni fa lo convocarono a Palazzo Chigi per discutere del dossier Afghanistan. «Tirarono fuori una cartellina con dentro quattro fogli e un reportage di Panorama — rideva —. Non avevano idea». E allora Gino Strada spiegò sul tavolo la mappa del Paese che usavano le truppe americane e iniziò a indicare le province e i nomi dei capi militari che le governavano. Amava l’Afghanistan, lo conosceva, ci aveva vissuto per 7 anni e proprio ieri la Stampa aveva pubblicato un suo articolo: «Dicevamo 20 anni fa che questa guerra sarebbe stato un disastro. Oggi l’esito di quell’aggressione è sotto gli occhi di tutti: un fallimento». Se n’è andato mentre i talebani si avvicinano a Kabul.
Un bravissimo chirurgo
Gino Strada è stato molte cose, attivista del movimento studentesco, personaggio pubblico, scrittore, anima di una Ong che è intervenuta dal 1994 in 18 Paesi del mondo, per alcuni un eroe (vinse il Premio Right Livelihood, il Nobel alternativo), per altri un grillo parlante… così tante cose che il rischio è scordarsi quella principale: era un bravissimo chirurgo. La vita l’ha passata provando a salvare quelle degli altri. Nato a Sesto San Giovanni, liceo classico al Carducci di Milano, dopo la laurea in medicina nel ’78 alla Statale si era specializzato in chirurgia d’urgenza: primo impiego all’ospedale di Rho, cardiochirurgia, poi chirurgia traumatologica. Pratica negli Stati Uniti, Stanford e Pittsburgh e ancora in Inghilterra e Sudafrica. Tra la fine degli anni Ottanta e il ’94 lavora con il Comitato internazionale della Croce Rossa, vola in Pakistan ed Etiopia, in Somalia e Bosnia. Durante una trasferta, diretto verso chissà quale scenario di crisi, è costretto a restare fermo a Gibuti in attesa di un visto. Sono in corso i campionati nazionali di bridge, trova un compagno, si iscrive e li vince. Poi riprende in mano il bisturi.
«È impossibile essere neutrali»
Se osservi la vita da un lettino operatorio sul quale passano le vittime delle bombe a grappolo le tue prospettive cambiano. «Non si può essere neutrali», diceva. E si è schierato. Nel maggio del ’94, con la moglie Teresa Sarti e un gruppo di amici, ci sono Carlo Garbagnati e Giulio Cristoffanini, fonda Emergency, associazione umanitaria che vuole garantire cure mediche e chirurgiche gratuite e di qualità alle vittime della guerra, delle mine antiuomo e della povertà. Prima riunione per finanziarsi al ristorante «Tempio d’Oro» di Milano. A ogni anniversario di Emergency diceva di sognare il giorno in cui non ci sarebbe più stato bisogno di loro. Poi apriva un altro ospedale, questa volta in Africa. A fine anni ’90 scrive per Feltrinelli il libro-denuncia «Pappagalli verdi». Emergency cresce, grazie alla solidarietà di tantissimi donatori e grazie a Teresa che fa da presidente e media dove Gino romperebbe, cuce, tiene insieme.
Testimonial e sostenitori
Strada e i suoi chirurghi operano milioni di persone. E ne ispirano molte altre. Jovanotti, Ligabue e Piero Pelù destinano alla sua Ong i proventi del loro singolo contro la guerra. Gino Paoli gli fa da testimonial e al concerto lo vuole sul palco: «Io ti aiuto ma tu canti». Il chirurgo di guerra campione di bridge del Gibuti esegue, piuttosto bene, «Il cielo in una stanza». La borghesia milanese lo sostiene. A casa sua si incontrano fieri afghani e intellettuali occidentali, imprenditori e artisti. Diventa un riferimento per chi nel febbraio 2003 protesta per la guerra in Iraq. Cofferati porta a Roma oltre 3 milioni di persone e lo chiama a parlare alla piazza: «Quella volta — ammetteva — la voce mi tremò».
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