L’eredità di Gino Strada, un combattente per la pace

di Walter Veltroni

Qualcuno si lamentava della radicalità di certe sue posizioni. I riformisti sappiano che se vogliono cambiare le cose del mondo devono ascoltare chi, come lui, era dalla parte degli ultimi

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Ci sono vite splendide, vissute inseguendo i propri valori, le proprie convinzioni più profonde, sapendo costruire comunità e sapendo restare soli, quando serve. Vite consacrate all’imperativo morale di dire ciò in cui si crede, non ciò che conviene dire. Ci sono vite splendide, vissute trasformando, con la fatica di un artigiano, le parole che ti ronzano tra il cervello e la testa in luoghi, strumenti, cose che mutano la vita degli altri, realizzando la tua. Gino Strada ha vissuto una di queste vite bellissime, piene di senso.

Ha sofferto come pochi, nella sua vita personale e nella sua esperienza di medico e di volontario. Ha conosciuto la morte di chi amava ed era parte della sua vita e quella di chi non conosceva, perché arrivava con il viso sfigurato dall’esplosione di una mina. Ha sofferto per loro, perché una vita bellissima è spesso una vita di sofferenza per gli altri.

Gino è stato dalla parte degli ultimi, sempre. I “dannati della terra” avevano in lui un difensore strenuo e coraggioso. Più erano soli al mondo, più erano dimenticati e più Gino si occupava di loro, cercava di alleviare le loro sofferenze, la loro solitudine. Ma non era un santo contemporaneo. Era un uomo contemporaneo. Qualcuno che sa che l’esistenza è una dimensione nella quale vi è una comunità di destino, una relazione, come un filo invisibile, che lega, sempre e comunque, gli esseri umani tra loro. Agiva spinto da forti motivazioni civili, sociali, politiche.

Non era un predicatore. Era un combattente per la pace, un ossimoro che in lui trovava un senso compiuto.

Qualcuno si lamentava della radicalità di certe sue posizioni. Provate voi a essere moderati in una corsia di un reparto ospedaliero nel deserto in cui arrivano bambini con il ventre squarciato da una bomba, o contemplando, in Siria o in Afghanistan, il cinismo dell’Occidente che è capace, al contempo, di esportare democrazia sulla canna di un fucile e di abbandonare, come accade a Kabul, intere popolazioni al dominio della violenza e della intolleranza.

GINO STRADA, 21 APRILE 1948 – 13 AGOSTO 2021

Gino era per la pace, sempre e ovunque, sempre e comunque. Lo era non solo con le parole, spesso ruvide, ma con la fatica di chi ha fatto vivere una delle più importanti organizzazioni del volontariato come Emergency.

Di radicalità veniva accusato anche Padre Alex Zanotelli. Ma chi lo faceva non era mai stato nell’inferno di Korogocho o nelle discariche dove i bambini si nutrono di rifiuti e di droga artigianale. E i riformisti in particolare dovrebbero sapere che, se vogliono cambiare le cose del mondo, con la radicalità e il conflitto devono fare i conti, devono sforzarsi sempre di ascoltare, capire, tradurre in programmi e decisioni spinte che salgono dalla voce di chi la sofferenza la conosce e la vive.

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