L’eredità di Gino Strada, un combattente per la pace



Non si difende l’idea di una società multietnica se non si difendono i diritti di chi rischia di annegare in mare, se non si garantisce a chi è nato qui di essere italiano. Non si può parlare di pace se ricchezza e povertà sono così iniquamente distribuite. Ai governi che ne abbiano la sensibilità la capacità di individuare le soluzioni che assicurano la rimozione delle ingiustizie. Ma ascoltando sempre la voce di chi condivide quelle sofferenze, le vive sulla propria pelle, le rappresenta con la necessaria forza.

Con Gino si poteva non essere talvolta d’accordo, ovviamente. Ma era un grande uomo, al quale ho voluto bene. Da oggi, si deve sapere, i poveri, gli emarginati, i “dannati della terra” sono più soli.

Chi lo ha stimato e apprezzato assuma ora il suo punto di vista non come la bizza di un uomo inquieto ma come lo stimolo a fare in modo che radicalità e riforme concrete non siano mai due sorelle separate. E che sempre, al centro, ci siano i diritti dei più deboli.

CORRIERE.IT

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