Se Mattarella resta al centro della partita del Colle
Montesquieu
La politica italiana, l’intero nostro sistema istituzionale, iniziano con il semestre bianco una corsa ad ostacoli , che passa per la scelta del Capo dello Stato e si conclude con le elezioni delle nuove Camere. Di questo percorso il semestre bianco è, in realtà, poco più che il colpo di pistola che dà il via alla competizione sul futuro del nostro paese. Dopo un intero decennio di impotenza della politica, incapace di indicare e realizzare soluzioni di governo attraverso le elezioni, il nostro sistema istituzionale è ad un punto davvero critico, ad un passo dalla sua crisi. L’elezione del capo dello Stato si è trasformata, nel giro di cinque o sei lustri, da scelta di una figura di alta rappresentanza, ma di scialba influenza politica, a individuazione di un simbolo di riparo e protezione della nostra Costituzione, a seguito del progressivo distacco dalla stessa di pezzi crescenti della nostra comunità politica. Dapprima, a partire dai primi anni ’90, con la nascita di partiti non riconoscibili nella fisionomia tracciata nitidamente nell’art. 49 della Costituzione; quindi con la graduale recisione del legame tra eletti ed elettori (oggi non più né l’uno né l’altro). Una sciagurata, egoistica sequenza di leggi elettorali di fine legislatura ha trasferito la sovranità popolare ad un nuova oligarchia, quella dei capi di partiti per lo più personali e privi di democrazia interna. Una partitocrazia assai più invasiva di quella denunciata e combattuta nel secolo scorso da Marco Pannella e Giuseppe Maranini. Quindi, con l’avvento prepotente e inopinato di un movimento pagano rispetto ai principali sistemi democratici vigenti: artefice in pochi anni di atti di autentico vandalismo istituzionale, verso antichi rappresentanti degli elettori e le stesse Camere, gli uni e le altre non difesi dai partiti figli della nostra storia costituzionale. Una autentica omissione di soccorso.
L’elezione del capo dello Stato è il crocevia, il punto di snodo dell’intera situazione istituzionale. Sarà ancora, come fortuitamente accade dal lontano 1992, un difensore convinto, non solo sulla carta, dei nostri princìpi costituzionali, o avremo per la prima volta una personalità dalla incerta riconoscibilità istituzionale? Allo stato, i dati certi, o quasi, sono: i partiti di destra sovranista ed euroscettica, se supportati da Forza Italia, ad un passo dalla maggioranza del collegio elettorale composto dai parlamentari e dai delegati regionali; la impressionante dote di fiducia che il presidente uscente ha costruito anno su anno, sulla base di requisiti pesanti, di affidabilità, credibilità, serietà, terzietà, altruismo. Dote che però si accompagna alla più che presunta indisponibilità a quella rielezione che la sua popolarità ripropone ad ogni occasione.
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