L’11 settembre: i sintomi del declino americano



È probabile che lo shock dell’11 settembre sia stato decisivo nel mettere fine all’idea della «nazione indispensabile». La prima domanda che si fecero gli americani quel martedì fu: «Perché ci odiano tanto?». La risposta, a lungo andare, doveva per forza essere una tendenza a impegnarsi di meno nel mondo, a rinunciare al ruolo del gigante che si aggira stringendo in una mano una carota e nell’altra un nodoso bastone. La risposta, a lungo andare, è stata: ognuno faccia per sé. E se sorprende la differenza tra la promessa di Biden in campagna elettorale di rilanciare il ruolo internazionale degli Usa, e la realtà del suo effettivo comportamento alla prima occasione, non sorprende invece affatto la direzione di marcia, che in fin dei conti è la stessa dei predecessori: riportare i soldati a casa.

Eppure, per quanto possa sembrare contraddittorio, la fine di una guerra non significa necessariamente l’inizio della pace. In Afghanistan, per esempio, non c’era più la guerra da tempo, e invece dopo il ritiro americano è ripresa, con la conquista talebana e la battaglia del Panshir. Inoltre il vuoto strategico lasciato dagli Usa verrà riempito. Saigon cadde nella primavera del 1975, sancendo la più cocente sconfitta del gigante americano in Asia: quattro anni dopo l’Unione Sovietica si sentì così sicura di sé da invadere l’Afghanistan, mettendo fine alla fase della distensione pacifica tra Est e Ovest. Fu mentre Obama praticava la strategia del «leading from behind», pretesa di guidare il mondo dal sedile di dietro, che Putin intervenne in Ucraina e Siria. E c’è da star sicuri che ora, dopo l’Afghanistan, il nazionalismo cinese si sentirà più forte e audace.

D’altra parte la prova che senza il gendarme americano il mondo non è affatto più sicuro ce l’abbiamo avuta proprio a Kabul in questi giorni: sono stati i talebani a liberare centinaia di militanti dell’Isis-K, il gruppo che ha rivendicato la strage dell’aeroporto, e a nominare primo ministro un terrorista internazionale sulla lista dell’Onu.

Il mondo potrebbe non reggere al test del declino americano. Vent’anni dopo le Torri Gemelle gli Stati Uniti non hanno più voglia di essere la «nazione indispensabile». Ma noi ne abbiamo ancora un gran bisogno.

CORRIERE.IT

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.