Ibrido e a tre fasce: ecco il nuovo smart working
Le nuove regole per lo smart working degli statali saranno pronte entro la prima metà di ottobre. La trattativa con i sindacati è in corso, ma il presidente dell’Aran (l’Agenzia che fa da datore di lavoro per conto dello Stato) Antonio Naddeo anticipa a Huffpost che le norme del contratto saranno chiuse a breve. Sì il contratto perché il lavoro agile uscirà dalla lunga stagione della regolamentazione abbozzata, in linea con una modalità di lavoro che a gennaio dell’anno scorso, prima dell’arrivo della pandemia, riguardava appena l′1,7% dei dipendenti pubblici. Quello che è stato lo smart working durante il lockdown e quello che è ancora oggi, nella coda del lavoro da casa che coinvolge circa un milione di lavoratori, hanno imposto nuove regole. Un primo impianto c’è già: il lavoro agile sarà ibrido, in ufficio e fuori, ma non solo a casa. Tre fasce temporali: in quella definita di “inoperabilità”, il dipendente non sarà tenuto a rispondere a mail o telefonate. Al posto del tornello, l’ipotesi di un controllo dell’orario di lavoro attraverso una piattaforma tecnologica.
Come cambierà lo smart working
Innanzitutto la definizione. Nella bozza del contratto c’è scritto che “l’istituto del lavoro agile differisce dalla diversa figura del telelavoro”. Il telelavoro rimanda a una postazione fissa, a casa, mentre il lavoro agile sarà un’altra cosa. Un accordo tra la singola amministrazione pubblica – un ministero invece che un Comune – e il dipendente farà da base alla prestazione lavorativa che dovrà essere svolta in Italia. Niente smart working all’estero. Si potrà lavorare in ufficio o fuori, non necessariamente a casa, senza una postazione fissa. Potenzialmente si potrà lavorare anche dal bar, ma il tutto dipende dal tipo di attività svolta e tenendo a mente la protezione dei dati trattati. Sarà invece il dipendente a verificare se la dotazione informatica funziona nel luogo di lavoro concordato con l’amministrazione.
Nell’articolo
che fissa la definizione e i principi generali c’è scritto anche cosa
dovrà essere il lavoro agile: sono previste “forme di organizzazione per
fasi, cicli
e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo
di lavoro”. All’interno di una cornice politico-amministrativa che fa
riferimento al ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta,
il lavoro agile non sarà la modalità ordinaria di lavoro. In parallelo
al contratto, infatti, il Governo porterà avanti un piano per far
rientrare i dipendenti pubblici in ufficio. Una precisazione doverosa
per non incappare nel rischio di leggere le norme al centro del
confronto tra l’Aran e i sindacati come un liberi tutti degli statali
senza orari. Ma per quelli che faranno smart working, il contratto
individua una traccia significativa: il lavoro agile è legato agli
obiettivi, non tanto all’orario. Il lavoro del dipendente pubblico che
dovrà chiudere dieci pratiche terrà molto più conto dell’obiettivo, cioè
se arriverà al risultato, che del tempo necessario per completarlo. Ma
gli orari non scompariranno del tutto. I limiti massimi per il lavoro
giornaliero e settimanale sono quelli stabiliti per legge: all’interno
di questa finestra il lavoro sarà calibrato appunto sulla logica degli
obiettivi. Se invece la singola amministrazione sceglierà un modello
classico, allora l’ipotesi al vaglio è di misurare l’orario di lavoro
attraverso una piattaforma tecnologica, in sostituzione del tornello che
detta i tempi per chi si reca in ufficio.
Tre fasce per la giornata di lavoro: niente mail o telefonate durante la fase di inoperabilità. Stop straordinari e trasferte
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