Le cure che verranno: quali sono i 9 farmaci in commercio che gli scienziati stanno testando contro il Covid

Promettono bene anche l’antipertensivo manidipina, il panobinostat per il trattamento del mieloma multiplo, l’impronunciabile methanesulfonate e l’abemaciclib, due medicinali usati nel trattamento di alcune forme di cancro. A chiudere la lista la comune vitamina D, indicata per chi ne ha poca nel proprio organismo e che in questi casi potrebbe non sconfiggere ma ridurre l’impatto del Covid nell’organismo.

«Gli alti costi e i lunghi tempi di approvazione associati allo sviluppo di nuovi farmaci rendono la riproposta di quelli esistenti per il trattamento di malattie comuni o rare un’idea sempre più attraente», scrivono gli autori dello studio. Le idee promettono bene. Ma per passare ai fatti occorreranno ora studi più approfonditi. Quindi nessuno creda di aver trovato l’alternativa ai vaccini. Se le speranze sono ben riposte si vedrà presto. Per ora l’avvertenza è: evitare inutili corse in farmacia.

Lo sguardo al futuro
La ricerca guarda al passato ma punta ovviamente anche al futuro. Di nuovi e sempre più efficaci monoclonali ne stanno arrivando altri, ma all’orizzonte ci sono anche altre nuove molecole. La Commissione europea ha promesso che entro ottobre metterà a punto un portafoglio di almeno 10 potenziali nuove terapie. Quattro sono anticorpi monoclonali attualmente in revisione in tempo reale da parte dell’Ema, un altro è un immunosoppressore, tutti sotto esame avanzato dell’Ema. Tra quelli in sperimentazione a promettere meglio degli altri è però il molnupiravir, che testato sull’uomo con un dosaggio di due pillole al giorno per cinque giorni ha mostrato di poter eliminare il virus dal tratto rinofaringeo dove più si annida.

Da Israele a far sperare è invece una molecole in codice, CD24, una glicoproteina espressa dal nostro sistema immunitario, il cui ruolo fisiologico consiste nel ridurre la risposta infiammatoria. La sua attività è ridotta in stati infiammatori gravi come ad esempio le sepsi. Da qui l’idea di impiegarla per prevenire o curare il quadro più grave di Covid 19, la cosiddetta «tempesta citochinica», che altro non è se non una condizione di iperattivazione incontrollata del sistema immunitario deleteria per l’organismo.

A oggi sono stati condotti studi iniziali, di fase I e fase II, il primo su 30 persone e il secondo su 90, tutte con Covid. I benefici clinici sono tuttavia stati notevolissimi se è vero che prima 29 pazienti su 30 e poi 84 su 90 sarebbero guariti in massimo cinque giorni. Bisogna ora attendere la conclusione degli studi. Se davvero tutto andasse per il meglio, il farmaco potrebbe essere reso disponibile già nel corso del 2022.

Attenti alle bufale
Prima ci si è aggrappati al plasma dei guariti, poi all’idrossiclorochina sponsorizzata da Trump, che quando il Covid se lo è preso per curarsi ha però utilizzato un cocktail dei molto più accreditati monoclonali. Poi è stata la volta dell’ivermectina, l’antiparassitario che negli Stati Uniti ha provocato un’ondata di intossicazioni tra i sostenitori del «fai da te» farmaceutico. Adesso è il turno del Parvulan, un antivirale indicato per l’herpes zolster, illegale in Italia, ma del quale si registrano ora sospette richieste di importazione. Tanto da spingere la nostra Aifa a lanciare l’allarme. Eppure per evitare bufale basta poco: fidarsi degli esperti di Ema ed Aifa che autorizzano una terapia solo quando sicura ed efficace. E del nostro medico, l’unico capace di stabilire se quella pillola fa il caso nostro.

LA STAMPA

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