Eitan, la diplomazia in campo: Tel Aviv non si schiera e Roma prende tempo

Francesca Sforza

La vicenda familiare che ha coinvolto il piccolo Eitan Biran si è allargata a tal punto da lambire il rapporto bilaterale tra Italia e Israele, tanto che pur mancando – al momento – gli estremi per eventuali interventi da parte dei governi, le autorità sono state chiamate a rilasciare dichiarazioni ufficiali su quanto intendono fare. «Stiamo accertando l’accaduto per poi intervenire», ha detto il ministro degli esteri Luigi Di Maio rispondendo ieri alle domande dei giornalisti. Fonti diplomatiche israeliane fanno sapere che al momento «la vicenda viene seguita da vicino, ma non esiste una posizione ufficiale, non c’è una linea».

L’ambasciatore israeliano a Roma Drod Eydar preferisce non rilasciare dichiarazioni sull’accaduto, limitandosi ad osservare che al momento si tratta di una questione tra due famiglie, che la vicenda è seguita dai canali giudiziari e che occorre attendere prima di pronunciarsi in un senso o nell’altro. Ogni azione israeliana, del resto, non può che essere successiva a quella dell’Italia, che al momento, tramite il Ministero di Giustizia, sta attivando le procedure.

Quali, precisamente? Ad oggi “il caso Eitan” è gestito solo da un punto di vista giudiziario, su due binari paralleli, quello civile e quello penale. Il procedimento civile è stato avviato nel momento in cui la tutrice legale del bambino, Aya Biran-Nirko, la sorella residente in Italia del defunto padre di Eitan ha presentato alla procura un’istanza di rientro in base alla Convenzione dell’Aja del 1980, che si occupa delle procedure inerenti gli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori e che ha come obiettivo quello di «assicurare l’immediato rientro dei minori illecitamente trasferiti o trattenuti in qualsiasi Stato contraente» e «assicurare che i diritti di affidamento e di visita previsti in uno Stato contraente siano effettivamente rispettati negli altri Stati contraenti». Essendo Italia e Israele entrambi Stati contraenti, la Convenzione rappresenta in definitiva la piattaforma internazionale più corretta per cercare di risolvere questa disputa. Una volta che Israele avrà ricevuto dal ministero della Giustizia italiano tutta la documentazione, sarà a quel punto la magistratura israeliana a doversi pronunciare su un eventuale rientro di Eitan in Italia.

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