“I giudici non decidano la politica giudiziaria: devono soltanto punire e non riscrivere la storia”
Violante mette invece l’accento sull’etica, al centro del suo ultimo saggio Insegna Creonte, pubblicato dal Mulino: «La prima questione è l’etica professionale».
I magistrati si sono, come dire, allargati?
«Pensiamo alla trattativa Stato-mafia. È sacrosanto punire i colpevoli, se tali sono, non pretendere di riscrivere la storia. Il magistrato punisce chi ha sbagliato, non ha altri compiti».
Invece i giudici, i pm in particolare, sono diventati i sacri custodi della moralità pubblica?
«Alcuni sono stati accecati da una sorta di hybris, qualcosa che sta fra l’orgoglio, la superbia, la tracotanza, talvolta l’arroganza. Naturalmente, parliamo di minoranze ma sono minoranze che grazie all’intreccio con la comunicazione, creano una opinione: prima c’era la percezione si trattasse di un mondo di eroi, oggi prevale la diffidenza. E dobbiamo fare di tutto per superare questa immagine negativa perché la magistratura è fondamentale per il buon funzionamento di una democrazia».
Intanto, si fanno faticosamente strada le riforme. Cosa pensa di quella voluta da Marta Cartabia?
«Mi pare un buon inizio perché ha un’idea di cosa sia il processo».
Ma ha scontentato un po’ tutti.
«E invece ci sono innovazioni interessanti».
Una fra le altre?
«La scelta di dare al giudice che emette la sentenza il potere di determinare la pena in concreto. Prima questa fase era affidata alla magistratura di sorveglianza, in un secondo momento, ora si anticipa: il giudice ha a disposizione diverse sanzioni, non solo il carcere, e questo accresce la sua responsabilità, lo costringe ad entrare nel concreto di quella situazione».
La prescrizione?
«Mi pare si sia fatto un passo in avanti. I processi non possono durare troppo a lungo e anche su questo versante si devono studiare attentamente le cause dei ritardi: come mai con le stesse leggi ci sono distretti di corte d’appello in cui i tempi della giustizia sono accettabili e altri in cui sono intollerabili?».
Ma l’improcedibilità, adottata dalla Cartabia per i processi fuori tempo massimo, la convince?
«È una soluzione di mediazione fra le diverse posizioni; i 5 Stelle altrimenti non l’ avrebbero votata; per il momento va bene. Infine ci sono altri due snodi che vanno affrontati al più presto: i magistrati funzionari del Csm e le modalità del processo disciplinare».
Cominciamo dal Csm.
«I funzionari sono magistrati e sono stati fatalmente chiamati perché legati a questa o quella corrente. Questa liaison deve finire: i funzionari devono essere professionisti selezionati con concorso pubblico, come i funzionari parlamentari».
La Disciplinare?
«È bene che rimanga dov’è per il primo grado. E solo in quello».
In appello?
«Dobbiamo creare un’Alta corte».
La sua composizione?
«I membri potrebbero essere nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dalla magistratura e per un terzo dal Parlamento. Quest’Alta corte, a mio parere, dovrebbe occuparsi anche delle controversie sulle nomine e più in generale delle querelle amministrative che oggi ingolfano i Tar. Non solo: oggi il Csm decide, che so, la nomina del procuratore della repubblica di Milano in un’udienza pubblica, trasmessa integralmente da Radio Radicale».
Non è un omaggio alla tanto sbandierata trasparenza pubblica?
«No, è una finzione come dimostra il libro di Luca Palamara. Il modello non deve essere quello del Parlamento che si riunisce in seduta pubblica, ma quello del cda di un ministero che discute e decide in modo riservato. La riservatezza è spesso un valore; la pubblicità a volte è una ipocrisia».
IL GIORNALE
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