Catasto, chi dovrà pagare di più se passa la riforma: come funziona e cosa cambia
di Gino Pagliuca
Se ne parla da metà agosto, con gli italiani ancora in vacanza, da quando il ministero dell’Economia e delle Finanze ha inserito nell’atto di indirizzo alle amministrazioni fiscali per il triennio 2021-2023, l’aggiornamento degli archivi catastali «anche nell’ottica di una più equa imposizione fiscale». Ora la questione si fa più concreta, se sono vere le indiscrezioni in base alle quali il governo vuole inserire nella riforma fiscale che dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri nei prossimi giorni anche la revisione del catasto.
Perché si vuole riformare il Catasto?
Il
sistema attuale di fatto è basato su estimi che rappresentano i valori
teorici dei canoni che si potevano ottenere negli anni Ottanta del
secolo scorso affittando la casa. Le grandi città sono suddivise in aree
molto grandi e poco omogenee dal punto di vista del mercato e, per
quanto riguarda gli immobili residenziali, l’unità di misura della
superficie non è quella, adoperata nella pratica commerciale, del metro
quadrato ma il vano catastale, di misura variabile. Il sistema fa sì che
ad esempio abitazioni d’epoca ma di pregio e in posizione centrale
abbiano talora valori fiscali minori di quelli di case della stessa
superficie in periferia ma nuove. Con la riforma si adopererebbero
valori a metro quadrato basati su prezzi e canoni di mercato.
fisco
Di riforma si parla da quasi 25 anni ma nessun governo è andato fino in fondo. Perché?
Perché
la riforma si tradurrebbe in un sicuro aumento dell’imposizione fiscale
a meno di non ricorrere a un drastico taglio delle aliquote e prevedere
una clausola di salvaguardia per cui chi pagherebbe di più possa optare
per calcolare le imposte con il sistema precedente. Ne risulterebbero
alla fine incassi minori per l’Erario centrale e le casse comunali,
utopistico pensare che sia questa l’intenzione.
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