Salvini sul green pass, «convertito» dai big leghisti: «Se stai su quella linea il Paese non ti ascolta»
Più in generale è l’immagine di una linea senza un preciso profilo che smarrisce i dirigenti, «perché temi come il ritorno al nucleare vengono affrontati con sortite estemporanee». E nella corsa al consenso, l’incidente è sempre dietro l’angolo. La scorsa settimana non è sfuggito per esempio il modo in cui Salvini ha affrontato l’affaire Afghanistan, quando in tv ha sostenuto che «se il G20 straordinario si tenesse dopo settembre, per Kabul sarebbe tardi», evidenziando i problemi di Draghi sulla soluzione del delicatissimo dossier.
Ecco cosa i dirigenti della Lega ritengono vada registrato, dato che non è in discussione la leadership del segretario e nemmeno la permanenza del Carroccio nel governo, qualsiasi sarà il risultato delle Amministrative. «Salvini non ci farà mai il favore di staccarsi dalla maggioranza», riconosce un ministro del Pd: «Spaccherebbe forse la Lega, di sicuro il centrodestra e ci consentirebbe di intestarci Draghi e di eleggerci da soli il capo dello Stato». Certo la scrittura della Finanziaria provocherà turbolenze, ma intanto era necessario chiudere il capitolo green pass. E così è stato. Il 16 settembre in Consiglio dei ministri Giorgetti ha presentato delle richieste di modifica al testo, che — a detta dei presenti — «si vedeva come fossero state preventivamente concordate con il premier»: dalle garanzie per gli imprenditori al calmieramento dei prezzi per i tamponi, fino al caso delle discoteche.
Certo, dopo il braccio di ferro sul provvedimento «le nostre correzioni — dice un dirigente leghista — paiono una battaglia di retroguardia». Ma è un fatto che l’unico momento di tensione in Consiglio ha avuto per protagonisti Franceschini e Draghi. Con il primo che — parlando a Speranza — ha chiesto la piena capienza per i teatri, e il secondo che — avendo intuito di essere il destinatario dell’affondo — ha risposto: «Non faccio norme ad hoc». «Ma così il governo andrà sotto in Parlamento». «Il Parlamento farà quel che ritiene. Noi prima valuteremo la situazione epidemiologica e poi decideremo». Altre ruggini, altre storie tese. Mica solo Salvini…
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