Più aiuti alle famiglie e un patto con le imprese: ecco come cambiare il Reddito di cittadinanza
Salvatore liaci, osservatorio sui conti pubblici italiani
Dal 2005 al 2020, l’incidenza della povertà assoluta per le famiglie italiane è cresciuta dal 3,5 al 7,7 per cento. Nonostante fosse già ampio il consenso a favore di strumenti di contrasto alla povertà, l’Italia era uno dei pochi paesi europei a non avere uno schema simile sino all’introduzione nel 2018 del Reddito di Inclusione (ReI), poi sostituito nel 2019 dal Reddito di Cittadinanza (RdC). Dall’aprile del 2019 al giugno del 2021, il RdC ha raggiunto mediamente 1,1 milioni di nuclei familiari, corrispondenti a oltre 3 milioni di persone (comprendendo anche la Pensione di Cittadinanza). Le somme erogate in questo arco temporale ammontano a 15,2 miliardi. Il RdC è stato disegnato per raggiungere il duplice obiettivo di mitigare la povertà tramite trasferimenti monetari e accompagnare i disoccupati nel mondo del lavoro. Ma allo stato attuale sta realizzando questi obiettivi solo in misura molto limitata.
Il contrasto alla povertà
Per
cogliere l’effetto del RdC sulla povertà, uno studio della Banca
d’Italia del 2020 utilizza delle simulazioni basate su dati
microeconomici dei patrimoni e delle spese per consumi delle famiglie.
Lo studio mostra che il RdC riduce l’incidenza della povertà assoluta
di 2-3 punti percentuali. Tale effetto è più ampio rispetto al Reddito
di Inclusione, in ragione degli importi più elevati dei benefici (in
media, oltre 500 euro contro i 250 del ReI) e della platea più ampia dei
beneficiari (per circa cinque volte), quindi della maggior spesa.
Le criticità
La
struttura attuale del RdC presenta però diverse criticità. La prima è
nella scala di equivalenza applicata. Il beneficio del RdC consiste in
una parte, calcolata come la differenza tra la soglia di 6.000 euro
annui (500 mensili) e il reddito familiare, e un’altra pari al canone
dell’affitto per un massimo di 3.360 euro annui (280 mensili). La prima
parte è moltiplicata per un coefficiente, secondo una “scala di
equivalenza” che cresce all’aumentare del nucleo familiare. Ma
dato che per i nuclei con un unico componente si è voluto mantenere un
beneficio ben più elevato di quello previsto dal ReI, al fine di
contenere la spesa, la scala di equivalenza è stata appiattita rispetto
agli standard generalmente utilizzati a livello internazionale. Ad
esempio, per un single residente in affitto, il beneficio massimo è di
780 euro mensili (500 euro + 280 per l’affitto), mentre per un nucleo di
5 componenti (2 adulti e 3 minori), in affitto, il massimo è di 1.280
euro mensili. Di conseguenza, sono sfavorite le famiglie numerose con
minori, per le quali è maggiore l’incidenza della povertà.
Così nei territori
La
seconda riguarda lo squilibrio territoriale. Al 2020, la quota maggiore
di nuclei beneficiari risiede nel Mezzogiorno (per il 60 per cento) ed è
superiore alla quota delle famiglie in povertà assoluta che vivono
nella stessa area (38,6 per cento). Inoltre, il RdC è uguale su tutto il
territorio nazionale e non tiene conto che il costo della vita (e
quindi la soglia di povertà) è più alto nel Nord e nel Centro Italia e
nelle grandi città. Ad esempio, per un singolo adulto (tra i 18 e i 59
anni, in un comune con più di 50.000 abitanti) la soglia di povertà
assoluta nel Nord è di 799 euro al mese, nel Centro di 761
euro e nel Mezzogiorno di 606 euro. Inoltre, la soglia di povertà è di
840 euro in una grande città metropolitana del Nord (con esclusione
delle aree periferiche) e di 754 euro nei comuni fino a 50.000 abitanti
(differenze simili si trovano anche per le diverse tipologie di comuni
nel Centro e nel Mezzogiorno).
La terza riguarda i criteri anagrafici. Per richiedere il RdC bisogna essere cittadini italiani (o di un paese UE) o avere residenza in Italia da almeno dieci anni. Tale condizione esclude molte famiglie di extra-comunitari che percepiscono solo il 9 per cento del RdC, pur rappresentando circa il 30 per cento delle famiglie in povertà assoluta.
Il RdC così strutturato esclude dai potenziali beneficiari il 50 per cento delle famiglie in povertà assoluta (secondo le stime del modello di Banca d’Italia). Occorre poi aggiungere che una quota di beneficiari non si trova in quelle che l’Istat definisce condizioni di povertà assoluta, perché ( legittimamente richiede il RdC rispettando i requisiti (ad esempio i single sono spesso beneficiari, anche se non sono considerati poveri dall’Istat) oppure perché (ii) li rispetta solo travisando il proprio status economico reale.
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