Più aiuti alle famiglie e un patto con le imprese: ecco come cambiare il Reddito di cittadinanza
Per migliorare lo strumento, si potrebbe tornare a una scala di equivalenza e a un criterio per la residenza (2 anni invece dei 10 del RdC) analoghi a quelli che erano previsti dal Reddito di Inserimento, anche riducendo l’importo massimo per i nuclei a unico componente. In questo modo si migliorerebbe la condizione economica delle famiglie numerose con minori e verrebbero incluse più famiglie extra-comunitarie. Si potrebbe inoltre considerare di differenziare i benefici in base ai parametri, come l’area geografica e la dimensione del comune, che l’Istat utilizza per stimare la povertà assoluta.
Il sostegno all’occupazione
I beneficiari
che vengono ritenuti idonei al lavoro devono seguire un percorso di
accompagnamento nel mondo del lavoro, presso i Centri per l’impiego,
sottoscrivendo il cosiddetto “Patto per il lavoro”. Coloro che invece
non vengono ritenuti idonei al lavoro perché i problemi sono più
complessi vengono presi in carico dai servizi dei Comuni e stipulano il
“Patto per l’Inclusione sociale”.
A giugno del 2021, 1,15 milione di beneficiari (su oltre 3 milioni totali) avevano sottoscritto il Patto per il lavoro, ma al febbraio 2021 solo in 152.673 hanno instaurato un rapporto di lavoro. Una delle ragioni è che il RdC per come è strutturato disincentiva la ricerca del lavoro (o incentiva il lavoro informale). Il RdC, infatti, non è disegnato né come uno strumento di assistenza universale (ricevo un sussidio indipendentemente se lavoro o meno), né come sussidio al reddito lavorato (se partecipo al mercato del lavoro, ricevo anche una parte del sussidio). Il beneficiario riceve dunque il RdC finché non accetta un’offerta di lavoro: l’aliquota marginale di sottrazione del sussidio è di fatto al 100 per cento. Una soluzione, proposta da più economisti e diffusa in altri paesi, è quella di offrire parte del sussidio anche quando il beneficiario inizia a lavorare, a integrazione del reddito guadagnato sul mercato (c.d. in-work benefit).
Il rinnovo
Ciò
richiederebbe una maggiore spesa, che può essere in parte compensata
dalla revisione degli importi del RdC, tenendo conto delle criticità
indicate nel precedente paragrafo. Inoltre, la possibilità di rinnovare
il RdC dopo la scadenza dei 18 mesi, che rende la sua durata
potenzialmente illimitata, rafforza il disincentivo a ricercare
un’occupazione formale (soprattutto nei casi in cui il beneficio è
elevato rispetto ai salari medi dell’area geografica).
Limitatamente ai beneficiari che vengono giudicati idonei al lavoro, si
potrebbe perciò considerare la possibilità di ridurre gradualmente nel
tempo l’entità del sussidio, considerando in ogni caso un periodo
congruo in relazione alla concreta possibilità di ricevere le offerte di
lavoro.
Il nodo voucher
Un’altra
ragione delle difficoltà a collocare le persone nel mercato del lavoro
riguarda il processo di accompagnamento dei beneficiari, che andrebbe
migliorato. Come suggerito di recente dall’Ocse, si potrebbe rafforzare
l’affiancamento ai Centri per l’impiego delle imprese private che si
occupano di formazione e reclutamento. Uno strumento già esistente è
l’“assegno di ricollocazione”, un voucher che i beneficiari di RdC
possono spendere presso tali imprese, ma che è stato
attivato solo da 423 beneficiari all’aprile del 2021 (dati Anpal). Il
ricorso ai voucher andrebbe incentivato: il sussidio al reddito da
lavoro, come delineato sopra, potrebbe spingere i beneficiari a
utilizzare gli strumenti disponibili per la ricerca del lavoro.
Le politiche
Infine, è necessario un coordinamento centrale per armonizzare le politiche attive, oggi frammentate a livello regionale. Come dimostra l’esperienza americana e di alcuni paesi europei, le politiche attive dovrebbero poi coinvolgere maggiormente i datori di lavoro, focalizzandosi sui settori che potrebbero offrire occupazione ai partecipanti ai programmi di formazione; in questo modo si potrebbe fornire una formazione coerente con le competenze richieste in tali settori e agevolare l’inserimento nel mondo del lavoro.
*Osservatorio Conti Pubblici italiani Università Cattolica
LA STAMPA
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