Italia sommersa dai referendum. L’ondata social che può travolgere il Parlamento
«Ma il Parlamento, ce lo abbiamo ancora?». Autunno alle porte, piovono referendum come castagne e anche sul Colle comincia a serpeggiare un filo di inquietudine. Sergio Mattarella, da sempre strenuo paladino dell’autonomia e delle prerogative delle assemblee elettive, non può certo essere felice: è vero, anche le consultazioni popolari fanno parte del gioco democratico, anzi, ne costituiscono una «componente essenziale», però tutta questa grandinata di quesiti, di si e di no, conferma il progressivo declino di Montecitorio e Palazzo Madama. Basta un clic, una sigla elettronica, tre euro da versare, e Camera e Senato diventano irrilevanti.
Insomma, visto che i partiti latitano e perdono tempo a litigare, che sono schiacciati dal governo e non toccano palla sulle scelte fondamentali del Paese, ora tocca alla politica fai-da-te, a chilometro zero, dal produttore al consumatore, Mezzo milione di firme in sette giorni per la liberalizzazione della cannabis, poi sarà la volta dell’eutanasia, della giustizia, della caccia, e di chissà che altro. Battaglie giuste e meno giuste si mischiano a grandi questioni di coscienza. Ecco pure i no vax e no pass. A Milano è partita la raccolta per cancellare il certificato vaccinale: difficile che arrivino al quorum e che la Cassazione autorizzi il quesito, ma intanto loro ci provano e strappano un altro frammento di visibilità. Insomma, gli italiani stanno trovando una scorciatoia.
Eppure, solo qualche anno fa dopo gli ultimi fallimenti, si celebrava il tramonto dell’istituto referendario. Non funziona più, si diceva, non si riesce a portare la gente al gazebo, Sbagliato. A tirarlo improvvisamente fuori dall’archivio ci ha pensato la firma digitale. La tecnologia ha così aperto scenari imprevisti e travolto i partiti, presi totalmente in contropiede. Tutti tranne i radicali, che ne detengono il brevetto, il marchio di fabbrica. «Un giorno straordinario – dice Emma Bonino – la strada della libertà e l’unica contro i sovranismi. Questo risultato è una spinta politica fenomenale a un Parlamento che dorme da anni».
Forse non dorme, di certo non è un fulmine di guerra e non si ammazza di superlavoro. Infatti, stando a una ricerca di Openpolis, nonostante l’energica spinta riformatrice emanata dal governo Draghi, nel 2021 le Camere sono riuscite ad approvare in via definitiva appena cinque (5) leggi. Ora rischia di essere messo all’angolo dalla nuova infornata di quesiti. Le forze politiche annaspano e studiano rimedi, freni, correttivi. Però ancora una volta non entrano nel merito dei problemi sollevati dai referendum. Per quattro volte la Consulta ha invitato le Camere a legiferare sui cosiddetti «temi sensibili». Risultati, zero.
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