Bimbo precipitato dal balcone, la confessione del domestico: “Ho fatto cadere Samuele, poi sono andato a mangiare una pizza”

Grazia Longo

ROMA. Si può lanciare un bimbo di quattro anni dal terzo piano e poi uscire di casa come niente fosse per andare a mangiare una pizza, ignorando l’orrore? Non è il copione di una sceneggiatura pulp, ma proprio quello che venerdì alle 12,30 ha fatto a Napoli Mariano Cannio, 38 anni, arrestato per la morte del piccolo Samuele Gargiulo.

Ieri la gip Valentina Gallo ha convalidato il fermo emesso venerdì scorso dalla Procura di Napoli, guidata da Giovanni Melillo, nei confronti di Cannio, affetto da problemi psichici, domestico a ore da pochi giorni a casa della famiglia Gargiulo. L’uomo, difeso dall’avvocato Mariassunta Zotti, si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma le nove pagine dell’ordinanza di convalida contengono i verbali degli interrogatori di venerdì: «Ad un tratto l’ho preso in braccio e sono uscito fuori al balcone. Giunto all’esterno con il bambino tra le braccia mi sono sporto e ho lasciato cadere il piccolo. Ho immediatamente udito delle urla provenire dal basso e mi sono spaventato consapevole di essere la causa di quello che stava accadendo». Ecco le parole da brividi pronunciate da Cannio, mentre rendeva le prime sommarie informazioni.

«Sono fuggito a casa – ha poi aggiunto – e sono andato a mangiare una pizza nella Sanità. Poi, sono rientrato, mi sono steso sul letto e ho iniziato a pensare a quello che era accaduto, dopo sono sceso e sono andato a un bar in via Duomo e ho preso un cappuccino e un cornetto, perché avevo una fame nervosa. Poi sono rientrato a casa dove mi avete trovato». Sempre venerdì sera, dopo la nomina del difensore d’ufficio, l’uomo di fronte alla pm Barbara Aprea e alla polizia della squadra mobile ha corretto un po’ il tiro e ha accennato ad un malore: «Fuori al balcone, avendo sempre il piccolo in braccio, e appena uscito in prossimità della ringhiera, ho avuto un capogiro. Mi sono affacciato dal balcone mentre avevo il bambino in braccio perché udivo delle voci provenire da sotto a questo punto lasciavo cadere il bambino di sotto».

Ma la gip Valentina Gallo non crede «alla circostanza del capogiro, peraltro non dichiarata in prima battuta dal Cannio nel corso delle sommarie informazioni. Non è verosimile che l’indagato avesse avvertito un malore di tale intensità mentre lasciava la presa del bambino che aveva in braccio lasciandolo cadere, dimostrandosi invece totalmente cosciente nei momenti immediatamente precedenti e successivi al gesto».

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