Le storie dei No Vax pentiti: “Ecco perché abbiamo cambiato idea sui vaccini”

Laura Anello, Valeria D’Autilia, Francesco Rigatelli, Paolo Russo

Qualcuno ha cambiato idea dopo essere finito in rianimazione. Altri per aver visto la sofferenza dei malati Covid o perché spaventati dopo aver riabbracciato un amico o un parente guarito ma ancora con il fiato corto. Ma la maggior parte dei No Vax pentiti forse No Vax non lo era affatto. Piuttosto scettici sulla reale pericolosità del virus e per questo poco solleciti a mostrare il braccio. Poi c’è la categoria dei confusi. Magari da un medico un po’ troppo sulla difensiva. Come quello che a Irleen, domestica brasiliana, ha consigliato di aspettare. «Perché hai ancora troppi anticorpi e i reni affaticati, mi ha detto, ma io ho fatto il Covid con tanto di polmonite sette mesi fa. Ho avuto paura e non voglio riprenderlo. Ora mi vaccinerò anche perché molte famiglie mi hanno già chiesto il Green Pass». C’è un po’ di paura per il lavoro ma anche maggiore consapevolezza tra chi – sempre di più – passa dall’altra parte della barricata. Mentre i resistenti puntano al referendum contro il Green Pass. E come Ivan, imbianchino milanese, dicono: «Per ora resistiamo e andiamo avanti con i tamponi».

Marta, convinta dal Pass “Tra un mese non potrei più entrare in ufficio”

«Dopo quello che è successo con AstraZeneca nei mesi scorsi avevo molta paura di vaccinarmi e così ho aspettato, poi è arrivata l’estate e non volevo prenotarmi per non rimanere bloccata in città, così adesso finalmente eccomi qui». Marta Iosi, 28 anni, si è appena fatta iniettare la prima dose di Pfizer. «Non è stato un dramma – ammette -, alla fine lo consiglio, almeno questa è la prima impressione. Lo so che tutti gli esperti suggeriscono di affrettarsi, ma è stato il Green Pass a darmi la spinta finale a venire. Per mantenermi faccio l’assistente in un ufficio di consulenza fiscale e dal 15 ottobre non sarei più potuta andare a lavorare, e poi anche per andare in pizzeria o al cinema stava diventando davvero dura». Lei, ci tiene a specificarlo, non è minimamente una No Vax o una complottista: «Non ho mai creduto alla pandemia indotta dai cinesi, ai metalli o ai microchip nei vaccini, ma semplicemente ho assistito a così tanti cambiamenti della campagna vaccinale che mi hanno disorientato. Prima si è dato AstraZeneca ad alcune categorie, poi ad altre, a volte addirittura con open day dedicati, infine di fatto solo Pfizer e Moderna a tutti. Questo mi ha portato a voler vedere cosa sarebbe successo dopo, come in una serie a puntate di cui aspettavo la fine. La fine però non arrivava mai e allora ho colto l’occasione del Green Pass per dire: facciamolo!».

Il lato positivo di aver atteso tanto, secondo lei, è che «almeno ho fatto Pfizer, mentre tutte le mie amiche con AstraZeneca sono state male per due giorni. A chi ancora aspetta dico: vi capisco, prendete il vostro tempo, ma sappiate che al centro vaccinale non vi mangiano».

Le lacrime di Giuseppe: “Non riuscire a respirare una sensazione terribile”

Nella Sicilia che nella prima ondata ballava al ritmo del tormentone trash «Non ce n’è Coviddi», qualcuno ci aveva creduto davvero. Convinto che la pandemia fosse una questione del Nord e ancor più convinto che i vaccini fossero una diavoleria da cui star lontani. Giuseppe Marcianò, 62 anni, era uno di loro. Adesso che è sopravvissuto a due mesi e mezzo interminabili di malattia ha decisamente cambiato idea, ed è quasi diventato un testimonial dell’Azienda sanitaria che sta battendo a tappeto borgate e quartieri popolari per incrementare il numero dei vaccinati che vede la Sicilia fanalino di coda del Paese. «Ero uno di quelli che dicevano: chissà che cosa ci hanno messo dentro questi vaccini, sentivo in tv le storie delle morti sospette e avevo paura – racconta – e non ero solo. Ho degli amici che mi dicevano: io non voglio fare la cavia, e chissà chi ci guadagna con tutto questo business. Adesso me ne vergogno e dico a tutti: vaccinatevi, e di corsa».

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