Le vere libertà e i falsi miti

Il referendum sulla Brexit, del resto, si è nutrito del falso mito propalato (anche da Boris Johnson, allora attivissimo nel campo del «leave») sui miracolosi fondi aggiuntivi per la sanità: 350 milioni di sterline a settimana (!) che sarebbero stati garantiti agli inglesi quando avessero lasciato l’Europa. Ed è sotto gli occhi di tutti come la stagione populista dell’Italia sia stata preceduta da un decennio di falsità e violenze verbali che, reiterate in Rete, hanno rotto la fiducia verso istituzioni, scienza e competenze in cittadini peraltro già provati da una politica corrotta e da un potere distante.

Umberto Eco sosteneva che la psicologia del complotto nasce dalla difficoltà di accettare le spiegazioni più evidenti perché ci fa male accettarle. Non molto diversamente, William Davies osserva come comunità che si sentano private del controllo sul loro destino possano arrivare all’autolesionismo collettivo (sabotando la loro stessa prosperità e, aggiungeremmo noi, la loro salute) se ciò produce l’illusione di un po’ più di controllo. E cosa c’è di più disperante e meno controllabile di una pandemia? Cosa di più consolatorio che attribuirne l’origine a Bill Gates e il suo perdurare a Big Pharma, persuadendosi di guarire coi suffumigi?

Il bisogno di credere ai complotti è antico come le nostre paure. E tuttavia, in un memorabile intervento all’Anti-Defamation League, l’attore Sacha Baron Cohen colse un punto accusando i «padroni del vapore» di Internet di lasciar correre qualsiasi infamia a scopo di lucro: «Se Facebook fosse esistito negli Anni Trenta, avrebbe permesso a Hitler di postare pubblicità di 30 secondi sulla sua “soluzione” per la questione ebraica». Diffondere cospirazioni e bugie in una platea di qualche miliardo di persone, mettendone a rischio, nel caso del Covid, la salute quando non la vita, non va confuso con la libertà di pensiero: qualche (timido) passo si sta già facendo. Indietro non si torna e nessuno vuole spegnere la luce. Ma, come la rivoluzione industriale uscì dalla sua fase violenta e selvaggia quando le leggi la regolarono, così la rivoluzione digitale può essere davvero quel trionfo di libertà che ci è promesso se sarà, anche, libertà dalle fabbriche di menzogne.

CORRIERE.IT

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