Tutti i fantasmi di Giacomo Sartori, l’informatico impiccato a un albero dopo il furto dello zaino
Monica Serra
Quando si è messo in auto di notte, partendo in tutta fretta senza soldi e senza documenti, forse Giacomo seguiva la posizione del suo cellulare aziendale. Era ancora acceso, con il pc di lavoro e quello personale, il portafoglio, i documenti, le carte di credito, nello zaino rosso che qualche ora prima qualcuno gli aveva rubato alla Vineria 2 di viale Vittorio Veneto a Milano.
È questa l’ipotesi più probabile a cui stanno lavorando i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano che indagano sulla morte di Giacomo Sartori, il 29enne tecnico informatico con origini a Mel nel Bellunese, svanito nel nulla la sera di venerdì 17 settembre. Poi ritrovato cadavere dopo due giorni di ricerche nel frutteto di cascina Caiella, sulla provinciale che collega Casorate Primo a Motta Visconti, nelle sterminate campagne del Pavese.
Il corpo era appeso con una grossa prolunga elettrica a una grande quercia, tra alberi di pesche, prugne e ciliegie. Lo ha trovato alle dieci del mattino una volontaria della protezione civile di Bereguardo. «Avevamo appena iniziato a battere questa zona – racconta la donna –. Ho visto un cellulare e delle chiavi posati su un cartello di metallo, un divieto di sosta, ai piedi della pianta. D’istinto ho alzato gli occhi, e lui era lì, a quattro metri d’altezza». Sul corpo del giovane alcun segno evidente di violenza, neanche i graffi che avrebbe potuto procurarsi arrampicandosi sulla quercia. Addosso la camicia bianca, i pantaloni chiari e anche le scarpe che aveva la sera della scomparsa, una settimana fa. Che Giacomo quella notte si sia ammazzato da solo è l’ipotesi più probabile, ma prima di pronunciarsi con certezza il pm Andrea Zanoncelli della procura di Pavia, che ha aperto un fascicolo al momento per omicidio volontario, vuole attendere gli esiti dell’autopsia che si terrà questa mattina. Anche perché, al di là del suicidio, attorno alla morte del ventinovenne restano diversi misteri da chiarire.
Il giallo della sua scomparsa è iniziato alle undici di un venerdì sera come tanti. Al lavoro fino a tardi alla Centro Software di Assago dove si occupava soprattutto – ha spiegato il fratello Tommaso – della parte commerciale nonostante la sua passione per l’informatica.
«Il lavoro negli ultimi tempi lo stressava tanto, faceva spesso tardi, ad agosto non ha fatto neanche le ferie», hanno raccontato ai carabinieri gli amici. Niente altro da segnalare: da quanto è stato ricostruito, Giacomo era un ragazzo come tanti. L’ultima vera relazione terminata nel 2017 dopo una storia di tre anni. La rottura con la ex all’inizio l’aveva presa male, tanto che i familiari hanno spiegato che un giorno, ormai più di quattro anni fa, si era allontanato da casa per un paio d’ore: «Quando è tornato ci ha detto che si era fatto una nuotata nel Piave».
Venerdì 17 Giacomo è arrivato nel locale in Porta Venezia tra le 21 e le 22. Dopo poco si è accorto che qualcuno gli aveva rubato lo zaino appoggiato al tavolo. Gli amici che erano con lui hanno raccontato che si è arrabbiato, anche perché aveva subito un altro furto simile solo qualche mese prima, ma la sua reazione non è stata esagerata. Giacomo però è andato via subito dal locale. Sembrerebbe che, grazie alle sue competenze informatiche, abbia provato a “localizzare” il cellulare che era in quella borsa. E questo – se venisse confermato – potrebbe spiegare la sua scelta di raggiungere il Pavese, una zona che a detta di parenti e amici non conosceva e non aveva mai frequentato. Di vagare tra Casorate e Motta Visconti per tutta la notte: l’ultima telecamera del paese lo ha inquadrato al mattino vicino al cimitero. Sicuramente il cellulare che aveva con sé ha agganciato almeno un paio di celle. Al momento non si sa se abbia chiamato qualcuno: i tabulati telefonici in mano agli investigatori sono ancora parziali. Di sicuro si è registrato un traffico dati: si è collegato alla rete, magari per usare qualche applicazione.
Nel frattempo un uomo che passava per i giardini Montanelli a Milano ha trovato i suoi documenti, il bancomat, due mazzi di chiavi. Del cellulare e dei pc che Giacomo probabilmente stava cercando non c’era traccia. Nel frattempo il giovane è arrivato a cascina Caiella, ha parcheggiato la sua Polo, che i titolari dell’attività hanno notato la prima volta solo domenica sera. Il cavo elettrico era gettato nel retro. Prima però il ragazzo avrebbe provato a utilizzare una catenina bianca e rossa, di quelle usate per delimitare i parcheggi, che ieri mattina era ancora appesa all’albero. Che cosa sia successo davvero in quelle ore disperate è da chiarire. E, anche se di certo sarà confermato, resta aperto un altro dubbio: possibile che nessuno in una settimana abbia scorto il corpo, il cellulare, le chiavi? «È un posto di passaggio, anche oggi gli operai potavano la siepe – spiegano i titolari della cascina – ma la quercia è folta, in effetti era difficile notarlo»
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