Gli ostacoli al Pnrr: il rilancio ha tempi più stretti



I ristori dispensati durante la pandemia hanno però abituato molte categorie a vivere di assistenza: l’aspettativa di potersi sedere, anche di straforo, alla mensa del Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) è ora molto elevata. Peraltro appalti, concessioni, prestiti, conferimenti e così via ben si prestano a transazioni politiche di varia natura con gruppi di pressione e territori. Oltre agli investimenti, il Pnrr prevede molte riforme strutturali, che toccano settori politicamente molto sensibili: magistratura, scuola e università, servizi pubblici, concorrenza. La revisione di quota cento e del reddito di cittadinanza andrà a incidere sul «sistema nervoso» dello stato sociale, suscitando prevedibili resistenze.

Nei prossimi mesi, dunque, il governo Draghi potrebbe diventare il bersaglio di due fuochi: l’assalto alla diligenza della spesa, da un lato, e gli spari incrociati fra interessi contrapposti dall’altro. E dovrà difendersi senza ricorrere alla pratica più usata dai vari governi per gestire il conflitto distributivo: la mancata (o solo parziale) attuazione dei provvedimenti più controversi. Dalle semplificazioni al mercato del lavoro, dal fisco al welfare, il «trucco» è sempre stato lo stesso: l’applicazione delle norme generali è subordinata all’adozione di provvedimenti secondari, che rimangono nel cassetto. Con il Pnrr questa prassi non sarà possibile: la Commissione Ue ha messo le mani avanti e fra le condizioni da rispettare ci saranno anche i provvedimenti attuativi.

Il governo Draghi gode di autorevolezza e popolarità, il semestre bianco garantisce un discreto orizzonte di stabilità politica. Il contesto è favorevole. Per contrastare i rischi di comportamenti irresponsabili è tuttavia necessario che i partiti e i gruppi sociali più rappresentativi diano una prova straordinaria di maturità. La pandemia non è stata un’alta marea: al suo ritiro non riemergerà ciò che c’era prima. Siamo stati colpiti da uno tsunami che ha distrutto, forse in modo irreversibile, molti tasselli della struttura economica e sociale. Non possiamo cavarcela con un semplice rimbalzo. Il Pnrr ci indica una nuova strada, capace di superare i nodi critici che alimentano la nostra persistente vulnerabilità. Dai tempi della «Nota aggiuntiva» preparata da Ugo La Malfa agli albori del Centro-sinistra, nei primi anni Sessanta, non avevamo mai potuto disporre di un piano strategico altrettanto ambizioso.

Se guardiamo a molte delle grandezze che indicano la «resilienza» di un Paese, la sua capacità di competere e di fornire un futuro ai propri giovani, l’Italia è oggi messa peggio di dieci anni fa. Invece di essere sotto l’attacco dei mercati internazionali, abbiamo la fortuna di poter investire circa duecento miliardi messi a disposizione dalla Ue. Più che nuovi patti sulla crescita o sul lavoro, quello che oggi serve è l’impegno solenne di tutti (parti sociali e partiti) a realizzare il Pnrr, a non considerarlo alla stregua di una diligenza da assaltare o contro cui levare gli scudi. L’impegno ad essere seri, insomma, e a cogliere senza indugio questa irripetibile occasione

CORRIERE.IT

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