L’Europa e le ceneri di Angela

Massimo Giannini

La rimpiangeremo, Mutti, come la chiamavano i conservatori bavaresi che non l’hanno mai amata. Quando si chiuderanno le urne tedesche, questa sera, il destino di Angela Merkel si sarà dunque compiuto. Un destino che è stato suo, ma è stato fatalmente anche nostro. Perché è banale dirlo ma la Kanzlerin, con un dominio assoluto durato sedici anni, ha tracciato un solco profondo nella sua Germania, nell’Europa e nel mondo. Da quel 22 novembre 2005, quando vinse a sorpresa le elezioni anticipate indette da Schroeder e mise in piedi la prima Grosse Koalition dopo quella del 1969, la “Ost Madchen”, la “ragazza” venuta da Amburgo, ha fatto di sé il monumento vivente della “Stabilitaet-Kultur” tedesca. Lei era lì, piantata a Berlino, motore immobile del sistema, mentre intorno tutto girava vorticosamente e le sfilavano davanti quattro presidenti americani, quattro presidenti francesi, cinque premier britannici e otto presidenti del Consiglio italiani di dieci governi diversi.

Solo Von Bismarck e Helmut Kohl hanno guidato la Germania per un tempo più lungo di lei. Bismarck ha creato un impero e inventato il primo modello di Welfare in Occidente. Kohl ha imposto al suo popolo la riunificazione delle due Germanie dopo la caduta del Muro e poi la sostituzione del sacro marco con un euro apocrifo. Il testamento politico che Angela lascia alla Storia è più modesto, ma non è il “caos” che denuncia l’Economist in copertina, con una vena catastrofista largamente esagerata. Nel suo lunghissimo cancellierato ha dovuto affrontare due crisi epocali, quella economica e quella pandemica. Se l’è cavata bene, tutto sommato. È stata rassicurante e affidabile, per la nazione tedesca e l’Unione europea.

Non è stata né visionaria né rivoluzionaria. Più che moderata, è stata equilibrata. Fedele all’insegnamento dei padri, ha fatto sua la lezione di Adenauer: «Niente esperimenti», come ricorda Lucio Caracciolo. La sua dottrina contempla la Germania immersa in un infinito presente, che postula rimozione del passato (troppo doloroso) e sospensione del futuro (troppo avventuroso). Un buon presente, ad ogni modo. Hartmut Rosa, filosofo dell’Università di Iena, scrive su “Le Monde” che la Kanzlerin vede «la potenza economica come unica soluzione ai problemi politici»: contesta la sua eccessiva attenzione alle virtù del mercato e la sua scarsa tensione verso il solidarismo europeo.

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