Draghi stringe l’intesa con i sindacati sul decreto infortuni, ma il Patto si ferma qui
“Oggi parliamo di sicurezza e salute”. Bastano sei parole a Mario Draghi per fare capire ai leader di Cgil, Cisl e Uil che quella che sta per iniziare a palazzo Chigi non è la discussione sul perimetro del Patto sociale per l’Italia che ha lanciato giovedì scorso dal palco dell’assemblea di Confindustria. E infatti per un’ora si parla del decreto che il Governo sta preparando per rafforzare la sicurezza nei luoghi di lavoro. La discussione vira subito sui contenuti e così la dimensione del fare del premier si incastra con quella delle risposte concrete che ha accompagnato l’ingresso alla riunione dei tre sindacalisti. Tutti d’accordo, c’è l’intesa. Poi al tavolo dove siedono anche il sottosegretario Roberto Garofoli e i ministri Andrea Orlando e Renato Brunetta si parla per altri quindici minuti. Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri chiedono informazioni e incontri sui temi divisivi, dalle delocalizzazioni alle pensioni. Dall’altra parte del tavolo si comprime tutto in un “ci rivedremo presto”.
Quando
il leader della Cgil parla fuori da palazzo Chigi è evidente che le
aspettative non sono andate deluse del tutto. Incassa “le prime risposte
importanti” sul tema della sicurezza e anche “l’impegno nei prossimi
giorni ad
ulteriori convocazioni per entrare nel merito delle altre
questioni”. Il rischio era quello di un incontro di routine, senza
aggiornamenti, tra l’altro non facile essendo il primo faccia a faccia
con il premier dopo l’accoglienza più che tiepida dell’idea del Patto.
Ma il decreto sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, condito da un clima
di condivisione, non inaugura quella svolta di Governo, nel merito oltre
che nel metodo, auspicata da tutto il fronte sindacale. La delega
fiscale è in fase di rifinitura al Tesoro e Draghi, scortato dal
fedelissimo Garofoli, spiega che sarà ad ampio respiro, facendo capire
che non ci metterà mano nessuno. La Nota di aggiornamento al Documento
di economia e finanza, il primo atto della lunga stagione del bilancio,
sarà approvata dal Consiglio dei ministri mercoledì, con la concessione
di un passaggio formale in cabina di regia. Le norme sulle
delocalizzazioni sono finite in mano al consulente Francesco Giavazzi e
lì sono state più che annacquate. La manovra non sarà la cuccagna di
partiti e sindacati perché i soldi sono pochi.
Le porte di palazzo Chigi resteranno aperte, ci sarà un passaggio con i sindacati anche sulla legge di bilancio, ma non c’è un calendario come auspicava Landini. Soprattutto non c’è la volontà del premier di affogare la tabella di marcia nelle secche di una concertazione che rischia di tramutarsi in discussioni e veti. Insomma mettersi d’accordo su un tema come è quello della sicurezza sul lavoro era più che agevole, non scontato perché i contenuti fanno la differenza, ma sicuramente in discesa. Se poi i contenuti, come è stato, guardano alle rivendicazioni di Cgil, Cisl e Uil, tirare su un clima cordiale si è rivelato ancora più facile. Come non essere sulla stessa lunghezza d’onda quando in ballo c’è un decreto che istituirà una banca dati sugli infortuni per agevolare i controlli e che prevederà anche l’accelerazione per assumere duemila ispettori, oltre a una linea dura in caso di violazioni delle norme di sicurezza, con la sospensione dell’attività fino a quando l’imprenditore non si metterà in regola?
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