Salvini e Meloni «accerchiati». Ma il capo leghista avvisa Giorgetti: dopo le elezioni sistemo le cose
Se il patto c’è, è stato battezzato con una falsa partenza. E il patto tra Salvini e Meloni c’è, a sentire uno dei maggiorenti del centrodestra: «Si sono parlati dopo la sortita di Giorgetti, siglando un patto di mutuo soccorso». In quell’occasione hanno pensato alle conferenze stampa per chiudere insieme le campagne elettorali di Milano e Roma, ma l’organizzazione del primo evento ha finito per trasformarsi nella metafora del nervosismo e della fretta: così l’intesa rischia di apparire stipulata (quasi) fuori tempo massimo.
È comunque un fatto che dopo mesi passati a contendersi la leadership hanno compreso come dalla loro sfida non stesse per emergere un vincitore ma due sconfitti. E avrà le sue ragioni la Meloni a denunciare una «turbativa interna ed esterna per far saltare la coalizione», alludendo anche alle vicende giudiziarie, alla «preoccupante uscita di notizie» sul «caso Morisi» alla vigilia delle urne. Ma non c’è dubbio che sul fronte politico i due leader hanno offerto il fianco a loro avversari.
Le estenuanti trattative per la scelta dei candidati hanno pregiudicato l’impostazione delle Amministrative, e consentono oggi al segretario del Pd di avviare quella campagna mediatica che il Cavaliere aveva preconizzato. «Il centrodestra — ha detto ieri Letta — ha funzionato perché aveva Berlusconi come federatore. Senza federatore non è più in grado di offrire una proposta al Paese».
Coprendo
le debolezze di una coalizione che non esiste e di un potenziale
alleato a corto di consensi, il Pd sfrutta gli errori altrui e inizia a
far passare il messaggio che Meloni e Salvini siano «unfit to lead».
Peraltro è quello che hanno lasciato intendere anche Giorgetti, Brunetta
e lo stesso Berlusconi, accreditando la tesi che impegna le discussioni
nel centrodestra. E cioè che «dopo il voto cambierà tutto».
Il patto tra il segretario della Lega e la leader di Fdi è la risposta a questa manovra di accerchiamento che sa di isolamento.
E come sottolinea un esponente centrista «devono inventarsi in fretta
qualcosa per conquistare al ballottaggio almeno una delle cinque grandi
città. Perché i movimenti nel Palazzo sono già in atto».
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