Caso Morisi, i 4 punti oscuri dell’inchiesta che imbarazza Salvini

Per tutto il resto, «il caso Morisi» è una battaglia di versioni contrapposte sull’unico reato contestato: «Cessione di sostanze stupefacenti».

Da un lato, l’ex spin doctor del leader della Lega Matteo Salvini. Dall’altro, un ragazzo di 20 anni che vive a Milano e lavora come escort e così si presenta: «Bisessuale, gigolo, Rom, per tutti. Età 19, altezza 1,75. Lingue: spagnolo, castigliano, italiano, russo». Qui le versioni non potrebbero essere più discordanti. Lui giura di aver trovato la droga liquida, la cosiddetta droga dello stupro, a casa di Morisi; «È stato lui a offrirla a me e al mio amico contattato su Grindr. Doveva pagarci 4 mila euro, da dividere in due. Quando siamo arrivati a casa sua ci ha dato la droga dello stupro. Non ci ha obbligato, all’inizio ci siamo anche divertiti. Ma alla fine Morisi non ci voleva pagare e io sono stato male». L’ex guru dei social media della Lega racconta, però, una versione completamente opposta: «È stato lui a portare la droga liquida. Non ho commesso alcun reato». Era un regalo? Era nel prezzo pattuito? Perché i ragazzi, quando incontrano i carabinieri, hanno quella bottiglietta ancora piena a metà? Uno di loro porta i carabinieri a casa Morisi. Spiega che il proprietario di casa andava a prendere la cocaina al piano di sopra. Morisi stesso indica lo scaffale tra i libri: lì la modica quantità viene sequestrata. Chi l’ha portata? Chi l’ha ceduta? C’entra qualcosa il quarto uomo? Di certo, almeno fin qui, questo è l’unico reato contestato.

LA STAMPA

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