Le elezioni dei sindaci: centrodestra e M5s rischiano il flop, il Pd fa la sua partita sulle grandi città
Federico Capurso
Ci saranno città da conquistare e altre da difendere. Ma ogni voto avrà un peso in partite più grandi, tra leadership di partito contestate, lotte tra alleati, intese da costruire o da smantellare. Nelle file del centrodestra, dove la possibilità di una vittoria sembra esserci solo a Torino, si è già andati oltre l’analisi della sconfitta. L’unico interesse sembra essere ormai quello per la competizione interna tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Uno scontro fino all’ultimo zero-virgola, tra le loro liste, affinché uno dei due possa poi dare sostanza alle proprie rivendicazioni alla guida della coalizione. Le voci di un sorpasso di Fdi rimbombano da giorni in via Bellerio, ma Salvini deve anche fare i conti con le pressioni interne. Il numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti, sembra voler cambiare volto al partito e tornare a parlare al Nord e alle imprese. Per Salvini, quindi, un buon risultato ottenuto al Sud può trasformarsi in una boccata d’ossigeno.
Anche sull’altra sponda politica si gioca una doppia sfida. Il
segretario del Pd, Enrico Letta, deve difendere la propria leadership
dalla spinta di chi vorrebbe un congresso. Punta tutto, dunque, sulle
vittorie di Milano, Napoli, Bologna e Roma, per poter rafforzare la
propria segreteria e, allo stesso tempo, dare linfa all’alleanza con i
Cinque stelle. L’intesa, finora, è riuscita a metà. Tra le grandi città
correranno uniti solo a Napoli e Bologna, ma l’obiettivo è vincere al
primo turno. Letta è fiducioso, mentre Giuseppe Conte rischia di perdere
Roma e Torino. Il suo regno è appena iniziato, ma partire con risultati
disastrosi può rendere più complicata la riorganizzazione del partito. ROMA (di Fabio Martini)
Gualtieri, quindici comizi, Calenda riempie la piazza, Grillo: mi sentirete di più
Sul far del crepuscolo, in piazza del Popolo, una delle più grandi
piazze d’Italia, sale sul palco lo spericolato Carlo Calenda, giacca blu
e jeans: ad attenderlo cinquemila persone che, complici le distanze
Covid, riempiono mezzo emiciclo: l’effetto-folla c’è, qualche giorno fa
ad ascoltare Giorgia Meloni c’era la stesso numero di persone e dunque
la rischiosa operazione di un personaggio sempre fortissimo nei salotti
televisivi, può dirsi sostanzialmente riuscita. Tanto è vero che Calenda
– in uno spumeggiante comizio – può cantar vittoria: «Potevamo andare
in piazze più piccole ma la politica è coraggio e abbiamo riempito
questa grande piazza». E i numeri diffusi dal Comitato Calenda («siamo
cinquemila») corrispondono in modo quasi millimetrico ad un facile
conteggio realizzabile sul posto: una precisione che contrasta con
l’abitudine italiana a moltiplicare fantasiosamente le presenze.
Roma, Gualtieri chiude a San Basilio: “Uniti si vince. Votatemi, al primo turno possiamo arrivare primi”
Per la verità tutti gli sfidanti per il Campidoglio hanno concluso la campagna elettorale con la “bomba”, come i maestri dell’arte pirotecnica chiamano il tric-trac finale. Pur di far notizia, i quattro hanno sperimentato un numero fuori repertorio. Matteo Salvini e Giorgia Meloni – a sostegno di Enrico Michetti – hanno improvvisato effusioni in pubblico a favore di telecamera e culminate in uno spettacolare abbraccio davanti ad un murales tra i palazzoni di edilizia popolare di Spinaceto, periferia sudorientale di Roma.
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