Un voto di libertà. La sinistra vuole vincere “sporco”: è l’occasione per mandarla a casa
Franco Bechis
Pam-pam! Caso Morisi per farne fuori uno, Matteo Salvini. Caso Fidanza per fare fuori l’altra, Giorgia Meloni. Colpi secchi, mira precisa sull’ultima settimana di campagna elettorale. Notizie sbucate fuori sibilanti come una fucilata sapiente al momento giusto. E subito intere trasmissioni tv a celebrare la fine dell’uno o dell’altra, a sentenziare la loro inadeguatezza, a vaticinare già il sicuro crollo dei consensi con tanto giubilo di Enrico Letta e compagnia che con volto severo da grandi attori dispensano indignazione e sì, un po’ di commiserazione. Un copione scritto sempre uguale, che nessun altro può interpretare al posto loro. Avete visto con Mimmo Lucano? Uno che si becca da un tribunale italiano una condanna a più di 13 anni di carcere, avrà combinato qualche sciocchezza in più di chi è beccato una notte in un festino gay con ragazzi rumeni e polvere bianca? E più anche di un pollo come Fidanza e la sua truppa beccati a caccia di tre voti di escort, di quattro di neofascisti e neonazisti e che spiega come finanziare il suo partito a un falso imprenditore sostenendo che se lui ha soldi in nero si trova il modo per fare le cose come andrebbero fatte? Tredici anni di carcere vorranno dire qualcosa di più del comportamento di due fessacchiotti, no? Macché: quello è dei loro, quindi è assolto “moralmente” perché se anche faceva strame dei soldi pubblici, lo faceva a fin di bene. Un Robin Hood al massimo un po’ discolo, comunque santificato. Una doppia morale che non varrebbe manco la pena di stigmatizzare, non fosse che quelli che si auto-assolvono sempre e comunque hanno il potere in mano come glielo avesse dato una divinità. Il popolo italiano ha mai scelto dopo il 2006 (ultimo anno di Romano Prodi) di mandare la sinistra al governo? No, mai. Ma si sono mandati da soli, perché per loro le elezioni e la volontà popolare sono un giochino per fare sfogare un po’ gli avversari politici, tanto poi si fa come dicono loro. Al massimo puoi accodarti, tanto i giochi si fanno lì. Il primo a prendersi quel potere a dispetto degli elettori fu proprio Letta nel 2013. Ma glielo tolse Matteo Renzi, ovviamente senza passare dalle urne. E a lui lo tolse un altro bel Pd che un voto nell’urna manco sapeva che fosse: Paolo Gentiloni. Dopo cinque anni così per forza di cose si dovette tornare al voto, e alla domanda: “Volete ancora il Pd al governo?”, più di 4 italiani ogni 5 urlarono il loro chiarissimo: “Nooooooooo”! Fu talmente forte che per un po’ la sinistra rimase stordita. Ma nel giro di un anno, ricordatisi della loro grande specialità – le congiure di palazzo- rieccoli lì in cima al palazzo, a distribuirsi poltrone da ministri e da sottosegretari che già occupano da due anni.
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