Amministrative, la posta in gioco

GEREMICCA, ORSINA, PANARARI, SORGI

CENTROSINISTRA

La sfida è la coalizione allargata e Siena è un test decisivo

(di Federico Geremicca) Che il vento sia girato, lo si capisce dalla vigilia: nulla, infatti, ricorda gli appelli drammatici che precedettero l’assalto leghista all’Emilia Romagna (gennaio 2020) o l’assedio alla Toscana rossa (settembre dello stesso anno). Quelle elezioni – in realtà – si conclusero poi senza grande pathos, con le candidate di Salvini (Borgonzoni e Ceccardi) battute di cinque e addirittura otto punti percentuali: ma le ore che precedettero il voto, furono – per Pd e alleati – cupe come una veglia funebre.

Oggi, a giudizio unanime, la situazione parrebbe sostanzialmente cambiata e il “nuovo centrosinistra” è dato vincente addirittura in quasi tutte le maggiori città chiamate al voto. Si tratta di un epilogo evidentemente irrealistico ancora un paio di mesi fa: ma un po’ per merito dei nuovi leader in campo (Letta e Conte) e un po’ per il cupio dissolvi in cui la sfida Salvini-Meloni ha precipitato il centrodestra, la situazione si è capovolta.

Se i sondaggi della vigilia (numerosi e univoci) venissero confermati, Enrico Letta e il Pd potrebbero tirare, dopo mesi di ambasce, un primo sospiro di sollievo e prepararsi ai due più o meno imminenti appuntamenti che segneranno la geografia politico-istituzionale dei prossimi anni: l’elezione del nuovo presidente della Repubblica e le elezioni politiche generali (passaggi che appaiano intimamente legati). A quegli appuntamenti, infatti – soprattutto al secondo – il centrosinistra non potrà presentarsi diviso (come ancora oggi) pena la sicura sconfitta. Da qua al giorno di quel voto, dunque, l’obiettivo sarà uno e uno soltanto: costruire quel “campo largo” di alleanze di cui si parla invano da almeno un anno.

Asse portante di quel progetto dovrebbe essere una intesa strategica tra Pd e Cinquestelle: e già qui, come è evidente, si tratta di un obiettivo non proprio a portata di mano e che l’esito del voto di oggi e domani – tra l’altro – potrebbe allontanare a dismisura. Attorno a quell’asse, poi, sarebbe però necessario tenere assieme forze e partiti litigiosi e i cui leader – paradossalmente – sono stati tutti dirigenti o addirittura segretari del Pd, da Bersani a Renzi, passando per Speranza, Calenda e D’Alema: una sorta di riunificazione (o più modestamente: una riconciliazione) che non appare più semplice di quanto lo sia stabilire un accordo col Movimento di Conte e Grillo.

Il lavoro, per Enrico Letta, dunque, non sarà semplice: avviarlo dopo aver vinto a Milano, Bologna e Napoli (e forse a Roma e perfino Torino) certo faciliterebbe di molto le cose. E rappresenterebbe, per il Pd, un piccolo capolavoro che solo una sconfitta del segretario a Siena macchierebbe pesantemente. «Se perdessi, ne trarrei le conseguenze», ha anticipato infatti Letta. Musica non nuova dalle parti del Nazareno…

CENTRODESTRA

Niente terremoti all’orizzonte, ma il partito unico si allontana

(di Giovanni Orsina)

La narrazione che si è venuta creando intorno a queste elezioni amministrative prevede che a rischiar di più dai loro risultati sia l’alleanza di destra-centro, in particolare Meloni e ancor di più Salvini. Le fratture emerse da ultimo nella Lega e i casi Morisi e Fidanza-Fanpage hanno riscaldato ulteriormente l’atmosfera. Bene: in questo clima arroventato, mi permetto di gettare tre cubetti di ghiaccio.

Il primo: alle elezioni europee del 2019, la Lega e Fratelli d’Italia insieme hanno raccolto circa il 41% dei voti, arrivando con Forza Italia al 50. Da allora, invariabilmente, i sondaggi hanno segnalato le medesime cifre totali, anche se com’è noto il peso degli addendi si è modificato. Nonostante questi due anni abbiano visto il passaggio dal Conte I al Conte II e poi a Draghi, e nientemeno che la pandemia. Sembra che si sia consolidato uno zoccolo elettorale alquanto tenace, equivalente per altro, per consistenza, a quello dello «storico» centrodestra a trazione berlusconiana. Secondo cubetto: nelle elezioni municipali, ancor più che nelle regionali, hanno un gran peso le contingenze; la destra vi è sempre andata piuttosto male; e c’è l’unicum del ballottaggio. Terzo cubetto: a parti invertite, Salvini alimentò grandi aspettative in occasione del voto regionale in Emilia Romagna e Toscana. Mal gliene incolse.

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