Il governo Draghi frena i sovranisti. Il premier accelera ma c’è il nodo Colle

La prima, immediata conseguenza, dunque, sarà la brusca accelerazione all’agenda imposta da Draghi. Che ci tiene a mandare il messaggio di un governo al lavoro, concentrato solo sul chiudere i dossier ancora sul tavolo. Poi, certo, c’è la politica. E soprattutto la partita del Quirinale che è ormai alle porte, visto che dopo la Befana il presidente della Camera convocherà il Parlamento in seduta comune e che, con ogni probabilità, già nella terza settimana di gennaio si arriverà a eleggere il nuovo capo dello Stato. Poco più di tre mesi, insomma. Politicamente, un battere di ciglia. Tanto che ieri sulle prime qualcuno a Palazzo Chigi ha temuto che il crollo della Lega e la sconfitta di Salvini potessero far scricchiolare l’unità del centrodestra e, quindi, compromettere le chanches quirinalizie di Draghi. Che sì, pubblicamente si schernisce, ma che – ovviamente – è assolutamente disponibile. Poi ci ha pensato Giorgia Meloni a sparigliare, lanciando il guanto della sfida a Enrico Letta. «FdI è disponibile a votare Draghi alla presidenza della Repubblica a patto che si vada subito a votare», ha fatto sapere. Il segretario del Pd ha schivato il colpo, replicando che FdI «vuole solo far cadere il governo». Ma se l’unico partito che non sostiene l’esecutivo Draghi dovesse insistere sulla candidatura dell’ex Bce al Colle, sarebbe davvero difficile per la maggioranza sfilarsi. Soprattutto, sfilarsi senza che il diretto interessato non se ne abbia a male.

IL GIORNALE

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