“Basta veleni su di noi”: Salvini va da Draghi ma non trova sponde
ILARIO LOMBARDO
È il primo degli incontri settimanali che avevano concordato nella speranza di alleggerire il cammino del governo da qualsiasi fraintendimento. Matteo Salvini arriva a colloquio con Mario Draghi dopo un diluvio di parole nelle piazze che vanno al voto. «Tirare fuori gli scheletri dal passato non fa bene all’Italia e non fa bene al governo, non c’è rischio di ritorno di fascismo e nazismo – aveva detto in mattinata –. Ma siccome di alcuni ministri non ho particolare stima né fiducia, ne parlerò con l’amministratore delegato di questo governo. Puoi avere un genio come premier, ma se la macchina è fuori controllo non vai lontano». Mancano 72 ore ai ballottaggi di Roma, Torino, Trieste e altre città, e il leader della Lega è preoccupato. Molto preoccupato. La visita a Palazzo Chigi serve a incorniciare una richiesta che Salvini non arriva a formulare fino in fondo al presidente del Consiglio ma che evoca ai microfoni dei giornalisti e dal palco di Latina: «Fare cortei di parte con le bandiere rosse, attaccare Tizio e insultare Caio non è il bene dell’Italia».
Vorrebbe che in qualche modo il governo fermasse la manifestazione che la Cgil ha organizzato per sabato, alla vigilia del voto, in pieno silenzio elettorale, dopo l’assalto degli squadristi di Forza Nuova alla sede del sindacato. Ma Salvini sa benissimo che una decisione di questo tipo sarebbe in mano al ministero dell’Interno. Difficile però che il Viminale faccia un passo del genere. In questo momento gli uomini della ministra Luciana Lamorgese sono concentrati più che altro sui percorsi dei cortei attesi a Roma. Il rischio di scatenare di nuovo la furia dei neofascisti, da una parte, e dei manifestanti solidali con la Cgil, dall’altra, è altissimo.
Sollecitato da Salvini, Draghi ammette una certa preoccupazione per la tensione che si è riversata sulle strade, anche in vista del G20 di fine mese e dell’avvio del Green Pass obbligatorio da lunedì 15. «Gli ho chiesto di darmi una mano per svelenire il clima», rivela all’uscita Salvini. Il premier è consapevole che una manifestazione a poche ore da elezioni molto divisive è benzina che può esasperare il conflitto, ma non va oltre la condivisione di questo timore. E quando il leghista gli chiede di «mettere fine alle campagne di delegittimazione che nelle ultime settimane sono state particolarmente feroci contro il centrodestra, a partire da Lega e Fratelli d’Italia» Draghi si limita ad ascoltare. Come potrebbe, si chiede l’ex banchiere, fermare qualcosa che attiene alla lotta politica? «Potrebbe farlo grazie alla sua autorevolezza», spiega Salvini, parlando ai leader dei partiti, o con un appello. «Potrebbe promuovere una pacificazione nazionale chiedendo di evitare di inquinare il dibattito politico continuando a parlare di “fascisti” solo per aggressione nei confronti dei partiti della coalizione». Ma il tema della sicurezza delle piazze e dello scontro politico non è l’unico che il premier e il leader della Lega affrontano in un’ora di faccia a faccia. Anzi, lo stringato comunicato diramato dalla presidenza del Consiglio si limita a riportare che si è discusso di provvedimenti economici. Un modo per non farsi trascinare nella battaglia elettorale. Venerdì il Consiglio dei ministri approverà la delega fiscale mentre il governo si appresta a inviare a Bruxelles lo schema della legge di Bilancio. Draghi ribadisce per l’ennesima volta che «non ci saranno aumenti di tasse», tantomeno sulla casa, senza però alcun bisogno di scriverlo da qualche parte come aveva chiesto Salvini.
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