L’insostituibile leggerezza del ministro Lamorgese

Si potrebbe chiamare il paradosso Lamorgese, ministro a prescindere. Perché è il bersaglio di Salvini, e quindi non removibile. Malgrado i suoi errori, che iniziano a far breccia anche nel centrosinistra.

Chiamata al Viminale da Mattarella per “spoliticizzare” il dicastero dell’Interno dopo mesi di campagna permanente del predecessore, priva dei famigerati account social, teorica dell’agire da “tecnica”, una storia di mediazione e un’aura da “pugno di ferro in guanti di velluto”, qualsiasi cosa faccia (o non faccia), si ritrova sempre al centro della scena politica. 

E, paradosso nel paradosso, la sua caduta non può essere contemplata, in primis perché non sono previste lesioni nella barriera di ultima istanza che è il governo Draghi, ma anche perché sarebbe una concessione all’“uomo nero” leghista. Così, simil stabunt… per ora, ma il problema resta. E il problema – con i connotati dell’indicibilità che si addicono a un luogo sensibile come il ministero dell’Interno – è che, fosse per le classiche dinamiche politiche, il ministro Lamorgese inizierebbe a vacillare davvero.

Si prenda la circolare sui tamponi gratis a carico delle imprese per i portuali di Trieste, iniziativa che ha fatto inarcare il sopracciglio a più di un ministro, che ancora non si capacita della mossa che di fatto ha aperto un varco nella linea della fermezza dell’esecutivo sui Green pass. Tant’è che Chigi ha fatto filtrare con tempestività la scontata condivisione, ma l’indomani è stato tutto un lavorìo a smontarne portata e conseguenze.

Poi ovviamente c’è la gestione – o meno – della piazza No Green Pass di sabato scorso, e l’assalto alla Cgil. “Vile assalto”, lo ha definito il ministro in un question time non proprio di successo in cui ha finito per giustificare il mancato fermo del neofascista Castellino “per evitare rischi maggiori”. Come se l’irruzione nella sede – praticamente indifesa – da parte di epigoni del Biennio Nero non fosse già “furia devastatrice”, per usare parole da lei stessa pronunciate in quello stesso Parlamento che i manifestanti sono arrivati a lambire. 

E dire che era stata la stessa Lamorgese a lanciare l’avvertimento. “C’è un rischio alleanza tra estremisti e No Vax”, aveva detto a Giovanni Bianconi sul Corriere giusto il 21 settembre scorso. Ma al (suo) allarme, è sin troppo evidente che non sono seguiti (suoi) fatti e il rimpallo di responsabilità col prefetto Piantedosi, già capo di gabinetto di Salvini, non appare sufficiente ad assolverla sul piano politico.

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