L’insostituibile leggerezza del ministro Lamorgese

Tanto che se a caldo è stato sin troppo facile attaccarne da destra la gestione dell’ordine pubblico, non è sfuggito nelle stesse ore un discreto disappunto del Pd e del suo segretario. Da sinistra poi è arrivato il primo invito a presentarsi in Aula a spiegare. “Per anticipare Salvini”, fanno notare dalle parti di LeU, cercando di minimizzare ma finendo per provare la tesi del convitato di pietra. Simil stabunt… Ma intanto Salvini insieme alla Meloni è riuscito a ribadire un copione ormai consolidato: colpire la “tecnica” Lamorgese per spostare il fuoco da sé. Come nel caso del suo sottosegretario Durigon, le cui dimissioni per un po’ vennero subordinate alla messa in discussione della titolare del Viminale. 

D’altra parte il leader leghista, scottato dall’esito infausto del Papeete, mentre lei andava al Quirinale in sobria blusa bianca e tailleur nero, gliel’aveva giurata. “Hanno messo un tecnico, non hanno voluto metterci la faccia. Io sono a disposizione del nuovo ministro per dare qualche consiglio, ma se dovessi vedere che i porti su riaprono daremo battaglia in Parlamento e nelle piazze”. E sul dossier migranti, non è che il ministro Lamorgese, per quanto gradito dalla Caritas e dal terzo settore, sia riuscito proprio a dare il meglio di sé.

Il suo concetto di “sicurezza partecipata” che tanta gloria le ha procurato da prefetto di Milano, determinate lentezze, una sostanziale continuità – da lei stessa persino ammessa – nel passaggio dal Conte 1 al Conte 2, e soprattutto l’innegabile aumento degli sbarchi (dai 5.683 del 2018 ai circa quarantamila fino ad oggi nel 2021), sono riusciti a procurarle pesanti critiche sia da destra che da sinistra.

Come nel pastrocchio del rave di Viterbo o in altre oscillazioni durante la pandemia, le si imputa una sostanziale mancanza di iniziativa politica, che fatalmente, diventa ‘cattiva’ politica. Non che si pretendesse il piglio di Marco Minniti o il fiuto di Angelino Alfano, di cui dal 2013 al 2017 fu capo di gabinetto. Però neanche la persistenza dell’essere ministro a prescindere, i cui peccati vengono mondati sistematicamente dalle malefatte potenziali del “cattivo” Salvini. 

Insomma, parlottando qua e là si percepisce più di una sensazione, come se Luciana Lamorgese abbia seguito sin troppo alla lettera i consigli del padre, già prefetto di Avellino, quando si trattava di esordire in quel di Varese, nel 1979, a 25 anni, fresca di concorso per il Viminale. Andare subito negli uffici amministrativi, “perché tu, appena arrivata, devi capire quali sono le attività che svolge una Prefettura, mentre gli uffici di Gabinetto sono propri della parte più politica”. 

L’HUFFPOST

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