I pro e i contro di un decreto su Forza Nuova
Aggiungendo poi “né individui fuori dello Stato, né gruppi (partiti politici, associazioni, sindacati, classi)”. I sindacati, appunto, la cui aggressione dell’altro giorno richiama quelle che hanno accompagnato l’origine del fascismo e assume quindi il carattere di una rivendicazione ideologica. Si spiega allora perché la Costituzione pone un limite alla libertà di associazione politica e lo stabilisce proprio e solo per il partito fascista. Fuori di esso, per tutti gli altri, c’è e basta il codice penale, che colpisce gli atti di violenza e le intimidazioni, punendole anche quando siano politicamente motivate. Le democrazie devono potersi difendere. L’esperienza che ha vissuto l’Europa spiega perché un testo liberale come la Convenzione europea dei diritti umani escluda dal suo campo di applicazione ogni azione di Stati, gruppi o persone che agiscano per la distruzione dei diritti e libertà che essa tutela. Così la libertà di espressione non riguarda l’apologia di regimi totalitari e l’istigazione alla violenza o alla discriminazione razziale. E la Corte europea ha ritenuto giustificato lo scioglimento in Francia di organizzazioni parafasciste. Per rendere effettivo e concretamente praticabile il divieto di partiti i movimenti fascisti, è intervenuta la legge del 1952, che stabilisce cosa si debba intendere per riorganizzazione del partito fascista. “Si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione o un movimento persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politico o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principii, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista”. Sono puniti i promotori, gli organizzatori, i dirigenti ed anche i partecipanti a quei movimenti e le pene sono aggravate se fanno uso della violenza. Lo scioglimento di simili associazioni o movimenti è disposto dal ministro dell’interno se vi è una sentenza che accerta la riorganizzazione del partito fascista o, in caso di urgenza, dal governo con il decreto-legge.
Dopo i fatti di Roma v’è chi sollecita il governo a provvedere con un decreto-legge (che andrebbe poi convertito in legge dal Parlamento). E, come ha detto il presidente Draghi, il governo sta riflettendo, mentre è in corso una indagine della magistratura. Tutto quanto detto sopra a proposito della legittimità del contrasto ai movimenti di carattere fascista, apre il discorso sull’uso dello strumento dello scioglimento. Non lo chiude. Poiché non tutto ciò che è legale è anche opportuno e saggio, per modi e tempi. Tanto più quando, come ora, le tensioni sono alte, muovono masse e sono stimolate da moventi sociali e politici che nulla hanno a che vedere con il fascismo. Esse possono essere eccitate, come a Roma, dai fascisti e strumentalizzate. Ma sarebbe ingiustificato e cieco davanti alla realtà omologare tutto sotto una etichetta fascista e lanciare il messaggio che il problema si risolva con l’invio alla clandestinità o al cambio di nome di un gruppetto di fascisti violenti, di cui comunque si occupa il codice penale.
LA STAMPA
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