Caso Luciana Lamorgese, così il ministro ha sbagliato tutto: Draghi ha un problema Interno
Non è accaduto nulla di grave nel giorno d’inizio del green pass sui luoghi di lavoro. Proteste, manifestazioni, qualche piccolo blocco sì. Un venerdì dove tutto un po’ si è confuso, visti i comizi finali per le elezioni amministrative in alcune città e altri tipi di protesta, come quella degli ex lavoratori Alitalia restati senza posto a Roma e Fiumicino. Non si è bloccato il porto di Trieste, dove comunque erano in migliaia a solidarizzare con i portuali che incrociavano le braccia. Non è accaduto nulla di grave, anche se sommando le manifestazioni di tutte le città, erano non pochi a gridare “No green pass”.
A Roma era in campo un discreto dispositivo di sicurezza, che rendeva quasi inaccessibili alcune zone, prima fra tutti la salita verso il Quirinale a fianco del quale c’è il museo delle Scuderie nel primo giorno della mostra sull’Inferno di Dante. A protezione del luogo uomini e mezzi, decisi sulla base di un curioso allarme. Qualcuno durante la riunione territoriale sull’ordine pubblico e la sicurezza si è infatti ricordato delle parole pronunciate a fine settembre a piazza San Giovanni nel comizio dello scandalo dell’allora vicequestore di Roma, Nunzia Schilirò. “Per concludere”, disse alla platea, “vorrei porre una domanda ai nostri governanti se mi vogliono ascoltare. Vorrei sapere che cosa accadrà il 15 ottobre quando loro saranno impegnati ad aprire la porta dell’inferno alle scuderia del Quirinale, se molti milioni di italiani dovessero decidere di rimanere a casa e di dire no alla tessera verde?”. Si è temuto che fosse un messaggio al popolo no pass: “il 15 ottobre fate un inferno alle scuderie del Quirinale”.
In realtà la Schilirò immaginava che ieri ci fosse non l’apertura al pubblico, ma la pre-inaugurazione della mostra alla presenza del Capo dello Stato e di tutte le istituzioni (è avvenuta invece due giorni prima). Lei voleva dire: “tutte le istituzioni saranno a inaugurazione mostra, mentre i cittadini bloccheranno il Paese”, ma l’hanno preso per altro…”.
Comprensibile qualche cautela in più in un giorno che avrebbe potuto essere critico, soprattutto dopo quel che è accaduto sabato scorso in piazza del Popolo con successivo assalto alla sede Cgil e tentato assalto ai palazzi del potere. Ma l’episodio ben fa capire come i nervi siano a fior di pelle e come i responsabili della sicurezza in Italia stiano vivendo momenti assai confusi. Certo, tutto parte da una catena indubbia di errori compiuta in quel drammatico sabato. Quando non ci fu affatto trattativa polizia-Forza Nuova, ma si cercò in qualche modo di tenerli buoni fingendo una disponibilità nella attesa di istruzioni che dovevano venire molto dall’altro, e che non sono arrivate. Sicuramente non c’era un dispositivo in grado di fare prendere quel tempo necessario (e che comunque sarebbe stato inutile), e sono stati compiuti errori marchiani nella gestione dell’emergenza. Non ultimo quello di inviare a presidio della sede Cgil un piccolo gruppo di polizia territoriale non adatta e tanto meno attrezzata per quello scopo.
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