Fasci, libri e sonnambuli sovranisti Fasci, libri e sonnambuli sovranisti
MASSIMO GIANNINI
Un bel Sabato Italiano, finalmente. Proprio le due città nelle quali da questa mattina si gioca il secondo tempo della partita elettorale ci regalano un’idea di riscatto, di orgoglio, di futuro. A Roma una piazza colorata e festosa grida il suo no alla feccia neofascista, sanando la ferita che una settimana fa le squadracce di Forza Nuova avevano inferto alla Cgil, al sindacato, al lavoro. Dalle migliaia e migliaia di manifestanti, “armati” solo di bandiere e Bella Ciao, arriva un messaggio confortante: nonostante insidie e minacce, la democrazia ha gli anticorpi per difendersi dal virus della violenza e dell’intolleranza. Solo una lettura malsana della Storia fa sì che l’anomala “destra nazionale” lasci quello spazio alla sinistra plurale. Solo una visione distorta della Politica fa sì che l’antifascismo sia subíto dai partiti sedicenti “conservatori” come un valore di parte, e non invece la pietra angolare sulla quale abbiamo costruito la Repubblica e scolpito la Costituzione. Peccato. Che segnale potente sarebbe arrivato al Paese, se sotto al palco in cui parlavano Landini, Sbarra e Bombardieri avessero sfilato anche Salvini e Meloni. Pazienza. Accontentiamoci del fatto che la leader di FdI, stavolta, abbia almeno riconosciuto nella deportazione degli ebrei dal ghetto uno degli “orrori del nazifascismo”.
A Torino un Salone del Libro mai tanto affollato e partecipato grida il suo sì alla vita, come il giorno prima aveva fatto l’Italia intera che nel D-Day del certificato verde ha lavorato come sempre, silenziando il Fronte del Porto triestino e rispettando le regole con senso di responsabilità. Dalle migliaia e migliaia di giovani e meno giovani che hanno invaso pacificamente il Lingotto, “armati” solo di mascherine e Green Pass, arriva un messaggio importante.
Insieme al vaccino, anche la cultura produce gli anticorpi per difendersi dal virus della disconnessione e della discriminazione sociale. Come diceva Bertolt Brecht: procuratevi libri, voi che avete freddo. Solo una manipolazione voluta della Cronaca fa sì che i Ni Vax e Free Vax fascio-penta-leghisti considerino il “pull factor” dell’estensione obbligatoria del Green Pass sulla campagna vaccinale un capriccio draghiano, e non un primato italiano. Pazienza. Accontentiamoci di questi preziosi scampoli di libertà che stiamo riconquistando. Mentre l’Italia dà prove confortanti di buon senso, purtroppo l’Europa orfana di Merkel arranca su un tornante difficile. La solita notte dell’Unione l’ha descritta ieri sul nostro giornale Marco Bresolin, raccontando le nuove polemiche intorno allo “Stato di diritto”. Nel buio si stagliano i vecchi Sonnambuli di Hermann Broch. Sono Sonnambuli i dodici Paesi membri che chiedono a Bruxelles di fermare l’immigrazione clandestina finanziando la costruzione di nuove fortificazioni ai confini, e rilanciando il falso mito della Fortezza Europa che si chiude in se stessa. La pandemia ci ha insegnato che nessuno si salva da solo: ci servono ponti. Invece l’anima impaurita d’Occidente invoca muri. Lo fa per il vacuo terrore che l’8 settembre degli eserciti Nato in Afghanistan possa riaprire l’esodo dei profughi lungo la rotta balcanica, e mettere sotto pressione i confini più esposti, dalla Grecia all’Estonia. Lo fa perché, insieme ai respingimenti, vuole legalizzare la catastrofe umanitaria, che non va gestita politicamente ma solo rimossa fisicamente. Il ragionamento dei Dodici Spaventati Guerrieri ha una sua logica perversa: già ora, con il marchio “Schengen”, oltre mille chilometri di filo spinato blindano frontiere croate, slovene, rumene, ucraine, bielorusse. Tanto vale prenderne atto, e magari finanziare i nuovi muri con i soldi europei.
Olivier Razac, in “Storia politica del filo spinato – Genealogia di un dispositivo di potere”, scrive che nelle società occidentali questa sub-cultura risiede in un “paradigma immunitario”, in una domanda di protezione stimolata da politiche della paura e motivata da presunte minacce all’integrità, alla salute e alla sicurezza dell’individuo. Il Covid ha esasperato questa ossessione securitaria. A chi ne è “agito” non restano che filo spinato o muro, per separare chi è dentro da chi è fuori. E poco importa se il migrante, il diverso, l’irregolare, è condannato a una “no man’s land sociale”. Relegato nell’angolo morto dell’inclusione democratica liberale. Nel non-luogo del rovesciamento: “Dal ‘far vivere’ biopolitico al discreto ‘lasciar morire’…”. Tocca a Bruxelles respingere questo paradigma. Tocca a chi ha ancora a cuore un’Europa inclusiva e solidale, pronunciare un fermo “non expedit”, e non limitarsi a rispondere “costruite pure i vostri muri, ma non con i nostri soldi”. Come sempre, quando è in gioco l’identità europea la questione è etica, non economica.
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