La mia idea sulla rivoluzione
NOBERTO BOBBIO
Un inedito di Norberto Bobbio, a 17 anni dalla scomparsa. Si tratta del corso tenuto nel 1978-79, ultimo anno di insegnamento nell’Università di Torino prima della pensione: le avevano registrate tre studenti – Laura Coragliotto, Luigina Merlo Pich e Edoardo Bellando – che ora le hanno trascritte e le pubblicano nel volume Mutamento politico e rivoluzione, in uscita il 21 ottobre da Donzelli (pp. 565, € 35). La prefazione è di Michelangelo Bovero, allievo di Bobbio e dal 1979-80 suo successore nella cattedra di filosofia politica dell’ateneo torinese. Anticipiamo uno stralcio dalle ultime due lezioni.
L’ultima lezione è dedicata alla rivoluzione dal punto di vista assiologico, ossia dal punto di vista della valutazione. Già da quello che ho detto ieri un aspetto della rivoluzione come il termidoro si presta a delle valutazioni. Abbiamo visto che il termidoro può essere interpretato in due modi, come fatto positivo o come fatto negativo; a maggior ragione il concetto di rivoluzione. Probabilmente è una delle parole del linguaggio politico che ha in modo più intenso questo duplice significato, positivo e negativo, perché, pronunciata dai rivoluzionari, è una parola esaltante; pronunciata dai non rivoluzionari, dai controrivoluzionari, è una parola carica di valori negativi. Ho già detto più volte che è difficile trovare delle parole del linguaggio politico che abbiano soltanto una connotazione descrittiva, oppure valutativa in senso univoco. Anche se ci sono delle parole che hanno un significato valutativo costante, o positivo o negativo – per esempio «tirannia» ha sempre un significato valutativo, emotivo, negativo e oggi «democrazia» ha un significato positivo -, è difficile che una parola abbia soltanto un significato positivo o negativo.
Pensavo ieri a «dispotismo», che può sembrare una parola con significato emotivo negativo, però c’è l’espressione «dispotismo illuminato» che ha un significato positivo. Ecco, se riflettiamo un po’ su questi diversi significati della parola, vediamo che si potrebbero fare delle considerazioni che vanno molto al di là di quello che ho detto. Comunque, certo, «rivoluzione» ha questi due significati, e devo aggiungere che la Rivoluzione francese è anche importante per questo.
Perché sinora abbiamo detto che la Rivoluzione francese era importante per il significato descrittivo di «rivoluzione», nel senso che per la prima volta era stato inserito nella storia un evento, un avvenimento che non aveva precedenti. Lo stesso discorso sulla rivoluzione che si fa oggi nasce dalla Rivoluzione francese. Però la novità sta anche in questo, che per la prima volta il termine rivoluzione ha avuto non soltanto un nuovo significato descrittivo, ma anche un significato emotivo positivo; la parola rivoluzione o aveva un significato neutro, di puro e semplice mutamento, oppure aveva un significato negativo, e abbiamo visto che più volte in tutto il corso del pensiero politico il mutamento è considerato come qualche cosa di negativo.
È invece con la Rivoluzione francese che il termine «rivoluzione» acquista non soltanto un preciso significato descrittivo, cioè quello di rottura radicale, ma anche positivo, cioè si comincia a dire che la rivoluzione è bene: è buona cosa fare la rivoluzione. Con la Rivoluzione francese nasce il mito ideale della rivoluzione, e quando dico «mito ideale della rivoluzione» voglio dire appunto che il termine «rivoluzione» acquista un significato emotivo positivo.
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