Amministrative 2021, Fdi e la campagna da incubo di Meloni. Crosetto: “Qualcosa va cambiato”

di Emanuele Lauria

ROMA – “Comunque vada, io credo che dopo questi ballottaggi Giorgia dovrà cambiare qualcosa…”. In fondo a una campagna elettorale da incubo, che ha visto Fdi in fuga dagli spettri del neofascismo, Guido Crosetto si sente di dare un parere all’amica Meloni, di cui è consigliere per definizione “moderato”. “Bisogna sgomberare il tavolo dagli elementi di continuità col passato che possono essere pretesto per nuovi attacchi”, soffia l’ex parlamentare al telefono: la conversazione avviene subito dopo il no della Comunità ebraica alla visita al Ghetto da parte di alcuni parlamentari di Fratelli d’Italia, tra cui la stessa leader. “Io non so cosa si possa fare, non spetta neppure a me dirlo, ma non possiamo restare così nel mirino…”: ed è un’esigenza, quella espressa da Crosetto, avvertita dalla stessa presidente, pur nella condivisione della tesi di una “campagna d’odio senza precedenti” che sarebbe stata orchestrata dalla sinistra nei confronti del vascello sovranista. “Ciò che ha passato questa donna negli ultimi 30 giorni non l’augurerei al mio peggior nemico”, premette Crosetto.

Poi, però, ci sono i ragionamenti politici. E, al di là delle discusse considerazioni sulla “strategia della tensione” orchestrata dal governo per accusare i partiti di Destra delle violenze dei No Pass, Giorgia Meloni sa di dover fare ancora un passo avanti per potere davvero aspirare a essere capo di una credibile forza di governo e dunque autorevole candidata al ruolo di premier. Serve una cesura più netta con gli estremismi del presente e con radici che ancora occheggiano, ad esempio, nel simbolo (la Fiamma). Ecco perché, proprio alla vigilia dell’appuntamento elettorale, sabato la leader di Fdi è tornata con parole forti a sottolineare la “follia nazifascista” che ha causato il rastrellamento del Ghetto: l’aveva già fatto due volte, nei giorni precedenti.

Non è ancora la condanna tout-court del fascismo che molti osservatori le chiedono ma è pur sempre un tentativo di saltare un argine, che probabilmente si vedrà più nitidamente quando – dopo le elezioni – una delegazione di Fdi riuscirà a fare l’omaggio alle vittime del Ghetto che venerdì è saltato. Il problema è che difficilmente Meloni potrà spingersi fino all’abiura (“il fascismo come parte del male assoluto”) che Gianfranco Fini pronunciò a Gerusalemme nel 2003, con la kippah sul capo. E altrettanto difficilmente potrà rinunciare a un armamentario nostalgico che – volente o nolente – fa parte del suo bagaglio elettorale. Sarà arduo liberarsi da quella che un altro parlamentare di Fdi chiama la “dorata prigione di Giorgia”: porta voti, toglie presentabilità.

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