Come gestire una vittoria
Marcello Sorgi
La vittoria del Pd e del centrosinistra a Roma e a Torino (oltre che in larga parte dei comuni in cui si votava) e la sconfitta del centrodestra, in particolare di Fratelli d’Italia come sponsor di Michetti, si spiegano facilmente. In una tornata elettorale in cui tornava alla grande il professionismo politico, dopo la delusione per il voto di protesta di cinque anni fa, Letta ha compreso meglio dei suoi avversari Meloni e Salvini cosa stava capitando in Italia. Mentre i leader di Lega e FdI passavano il tempo a farsi la guerra, anche a costo di difendere le minoranze più sparute No-Vax e No-Green Pass, per dimostrare chi fosse più bravo a fare opposizione nel Paese, il leader del Pd s’è schierato anima e corpo con il governo e con la maggioranza degli italiani. Ha difeso il vaccino. Ha sostenuto Draghi anche nella scelta difficile dell’obbligo della certificazione verde. Ha convinto Landini che era ora di abbandonare gli indugi sui tamponi gratuiti. E siccome ieri mattina in Italia si contavano più di 101 milioni di Green pass, più del doppio dei vaccinati, vuol dire che non solo la maggioranza, ma quasi tutti gli italiani, anche quelli che non si sono ancora fatti il vaccino, preferiscono osservare le regole poste dal governo che non andare a manifestare o a bloccare l’ingresso dei porti, vedi Trieste.
Per un leader politico, prendere un abbaglio del genere è un errore imperdonabile. Sarà anche vero che la politica oggi è fatta di sondaggi e comunicazione, ma è indispensabile saper fiutare l’aria. Come appunto ha fatto Letta, uno che era appena tornato in Italia dopo quasi sette anni di esilio in Francia, e sul quale, forse anche per questo, non scommettevano neppure i suoi compagni di partito. Eppure è successo. Prima ha sbagliato Salvini, che così, nel giro di un anno, continuando a stare con un piede dentro e uno fuori dal governo, s’è giocato il patrimonio di consensi conquistato alle Europee quando faceva il contrario di quel che ha fatto adesso, incarnando l’anima ragionevole del Conte 1, il governo giallorosso che poi decise di buttar giù. E adesso, candidata allo stesso errore c’è la Meloni con il suo incredibile grande sconfitto Michetti. Ma ci voleva proprio tanto a capire che a questo giro gli elettori si aspettavano dei normali politici, gente pratica dell’arte del possibile, tipo Gualtieri e Lo Russo? O tipo, verrebbe da dire, i governatori delle Regioni del Nord, Fedriga e Zaia? Invece hanno scelto i civici, all’opposto del solito Berlusconi, che, pur ridotto com’è ridotto, un sindaco presentabile come Di Piazza a Trieste o un presidente di Regione alla Occhiuto in Calabria, lo trova sempre. Regalando così una consolazione al centrodestra.
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