Pier Luigi Bersani: “Caro Pd, serve una nuova Cosa di sinistra e attenti a non bruciare Draghi al Quirinale”

Pensa ci sia spazio per i liberali alla Calenda che non vogliono andare a destra?
«Io non escludo a vediamo se ci troviamo d’accordo su un punto: in Italia e non solo da noi, si stanno organizzando due campi. Uno si chiama destra e uno si chiama sinistra. Se uno mi dice no, che esiste un fronte dei ragionevoli e uno degli irragionevoli, che comprende Lega ma anche Cinque stelle, io non sono d’accordo, E dico: pensaci caro Calenda, pensaci!».

Potremmo essere dentro un nuovo ciclo progressista – partito negli Stati Uniti e proseguito a Berlino, Roma-Milano-Napoli – che sta premiando le forze rassicuranti e non ansiogene, ma sappiamo pure che qui la stagione delle spesa pubblica a pie’ di lista sta per finire: la affrontiamo con un nuovo Fronte popolare?
«Quello in corso è un ciclo? Io non credo che possiamo ancora dirlo, Semmai vediamo le cosa sicure: le grandi issues sono globali – clima, pandemia, fiscalità per le multinazionali – mentre altre sono più locali. Su tutto questo si stanno organizzando campi plurali, perché oggi in Europa non c’è un partito che sia sopra il 30 per cento! Ho fatto per 30 anni l’amministratore e non ho mai visto un anno come questo, nel quale i soldi non fossero un problema, ma controbatto: se noi facciamo 250 miliardi di investimenti, avremo 30-40 miliardi in più, malcontati, di spesa corrente in più. Se fai gli asili, ci devi mettere le maestre, se rafforzi la Pa, ci devi mettere la gente…».

Spesa che verrà compensata da crescita ed entrate fiscali?
«O recuperiamo subito almeno un terzo dell’ evasione fiscale, o abbiamo davanti un altro colpo allo Stato sociale. E ancora: 250 miliardi vogliono dire qualche punto in più di occupazione, ma attenzione: degli ultimi 600mila assunti in Italia, l’80% erano precari e di questi il 30% avevano contratti con meno di un mese. Oggi abbiamo 980 contratti nazionali, ma ne avevamo 410 dieci anni fa: sono contratti pirata e dunque ci vuole una legge sulla rappresentanza e sulla contrattazione. Così inizia un ciclo, mi spiego? In definitiva: durante quest’anno dobbiamo preparare le riforme, che il governo non potrà fare. Perché neanche Draghi è tenuto alle cose impossibili. Come una vera riforma fiscale. Il governo svolge ottimamente il suo compito: fronteggiare l’emergenza. Sanitaria ed economica».

Il governo può durare altri 90 giorni, poi 3 mesi di stallo per le elezioni e un nuovo governo. Oppure si possono trovare delle buone ragioni per stare assieme e votare fra 14 mesi. Per l’Italia cosa è meglio?
«Sulla presidenza della Repubblica stiamo preparando una scelta irrituale: tra un semi-inedito, la conferma del Capo dello Stato uscente, e un inedito: un presidente del Consiglio che di fatto si auto-rassegna le dimissioni. E se invece decidessimo di esser normali? Scegliendoci il miglior Presidente possibile e lasciando al Parlamento di decidere il destino del governo. Ponendo il traguardo della legislatura al 2023, ma senza la fiducia al cento per cento, di arrivarci».

Nelle tante chiacchiere sul Quirinale c’è un non-detto serio: esporre Draghi al voto segreto di parlamentari terrorizzati dal fine-legislatura: non c’è il rischio di una amara delegittimazione?
«Occhio, attenzione a non combinare disastri. E comunque sia chiaro sin da oggi: se Salvini vuol fare cadere Draghi, vada in Parlamento e lo sfiduci. Ma non pensi di usare le istituzioni per le sue pensate».

LA STAMPA

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