La polvere in Forza Italia ha coperto il tappeto

La verità è che la fine vera del berlusconismo è datata 2018, l’anno in cui il Cavaliere ha perso nelle urne la sua egemonia nel centrodestra e si sono invertiti i rapporti di forza che, nel ventennio precedente, avevano consentito un equilibrio in grado di costituzionalizzare la destra e incanalare le pulsioni secessioniste in un quadro nazionale. Non moderatismo o moderazione, ma comunque un’egemonia, il cui più rilevante passo politico fu l’ingresso di Forza Italia nel Ppe alla fine degli anni Novanta, sia pur nella perdurante anomalia italiana.

La fase gregaria, di cui questo sfarinamento nell’era Draghi è la conferma, rivela, al tempo stesso, i limiti della fase precedente e la fine di un ciclo, a 27 anni della discesa in campo di Berlusconi, primo tra tutti l’assenza di un partito degno di questo nome, con i suoi luoghi democratici di dibattito, i suoi strumenti di selezione di classe dirigente, la contendibilità di una leadership, vissuta, dai pochi rimasti, come lesa maestà a dispetto delle leggi di natura, con tutto il rispetto. Funziona quando uno prende i voti per tutti e cantano Menomale che Silvio c’è, ma non funziona più quando, per ragioni fisiologiche, il carisma dell’uno dovrebbe essere quantomeno accompagnato dalla forza di un progetto politico.

Dell’antico che non funziona più è la concezione, anche un po’ manichea, del bipolarismo che l’inventore del bipolarismo italiano non riesce a scrollarsi di dosso: l’idea cioè che i moderati debbano per forza stare dall’altra parte rispetto alla sinistra, antico riflesso di quell’anticomunismo artificiale che il Cavaliere fece sopravvivere alla fine del comunismo reale. Aveva un senso, scremato dalla propaganda, quando comunque l’Italia stava dentro quel “bipolarismo” europeo tra popolari e socialisti, che era tali anche in Italia ma li chiamava comunisti. Ce l’ha molto di meno, e qui si torna a Brunetta, ora che proprio in Europa si pone il discrimine rispetto a quel populismo che ne mina le fondamenta. La famosa maggioranza Ursula, in tal senso, è più di una formula. Incarna un potenziale progetto politico. Peccato che, nel centrodestra nostrano si pratichi l’astinenza da “dibattito”, inversamente proporzionale all’overdose del campo opposto.

L’HUFFPOST

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