Pnrr, più soldi e assunzioni per gestire i beni confiscati alle mafie

Giuseppe Pignatone

Il 13 settembre 1982, la legge Rognoni-La Torre metteva nelle mani dello Stato un’arma potente di contrasto ai mafiosi: la confisca dei loro beni. Da allora, ne sono stati definitivamente acquisiti oltre 36 mila, per un valore di molti miliardi di euro e, a partire dal luglio 2008, la procedura è stata estesa anche ad altri soggetti socialmente pericolosi come corrotti, evasori fiscali, bancarottieri. La metà di tali bene – circa 18.000 – sono già stati destinati dall’apposita Agenzia nazionale per finalità istituzionali e sociali, come previsto dalla legge di iniziativa popolare approvata il 7 marzo 1996, grazie al milione di firme raccolte da Libera.

Se, infatti, nel 1982 era stato finalmente introdotto il principio secondo cui i boss condannati andavano spogliati delle loro ricchezze, solo 14 anni dopo la legge (la 109/96) avrebbe chiarito che la confisca dei beni non solo toglie alle organizzazioni mafiose il potere del denaro accumulato illegalmente, ma ha una valenza etica, sociale ed economica: restituire quei beni alle collettività e ai territori che hanno subìto la presenza delle cosche e creare circuiti virtuosi di crescita.

L’utilizzo dei beni confiscati interessa oggi 17 regioni su 20 ed è un fenomeno imponente che vede agire molti protagonisti: in primo luogo i Comuni, che possono destinare gli immobili ricevuti dall’Agenzia sia a finalità istituzionali (uffici pubblici, caserme) sia sociali (residenze per anziani o soggetti in difficoltà, scuole e asili, housing sociale ecc.). Tali finalità possono essere perseguite direttamente o tramite associazioni e cooperative appartenenti al cosiddetto terzo settore, espressione del mondo religioso, ma anche di altri segmenti della nostra società, che dimostra anche in questo caso potenzialità insospettate e la capacità di ottenere, operando in silenzio e tra mille difficoltà, grandi risultati.

C’è poi il nodo cruciale delle imprese confiscate, su cui ho già scritto su questo giornale (si veda Salvare le imprese dai clan, del 14 aprile 2020). Comunque anche in questo settore non mancano risultati positivi: è di poche settimane fa la notizia della confisca definitiva di beni per circa 460 milioni di euro, comprendenti oltre 500 unità immobiliari e 13 aziende, queste ultime impegnate con successo, sotto la responsabilità del Tribunale e degli amministratori giudiziari, nella gestione del porto turistico di Ostia.

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