Pnrr, più soldi e assunzioni per gestire i beni confiscati alle mafie

Naturalmente, non mancano problemi, come dimostra il numero troppo alto dei beni ancora da destinare, pari alla metà di quelli già acquisiti con sentenza definitiva. Tra gli ostacoli da superare, c’è quello preliminare del livello ancora insufficiente di informazioni che l’Agenzia, pur dotata di una efficiente banca dati, riesce a fornire alle associazioni e agli stessi Comuni. Come rileva una recente relazione del IX Comitato della Commissione parlamentare antimafia, due terzi degli enti locali interessati non possiede le credenziali di accesso necessarie. C’è poi la questione delle risorse. Molti Comuni, specie i più piccoli, non hanno le possibilità finanziarie né il personale competente per gestire gli immobili che giungono loro in condizioni più o meno disastrate, sia per i tempi lunghi delle procedure, sia per i danneggiamenti ascrivibili agli stessi mafiosi che riaffermano così la loro sfida allo Stato. A ciò si aggiunga una diffusa insensibilità degli amministratori verso un’incisiva valorizzazione di questi beni, che non dà risultati (anche elettorali) immediati e semmai comporta il rischio di minacce e intimidazioni. La relazione del Comitato parlamentare già citata indica che Regioni e Comuni meridionali hanno impegnato solo una parte dei 509 milioni messi a disposizione dal PON Legalità per questa finalità, e ne hanno poi di fatto speso ancora meno.

Nel tentativo di superare queste obiettive difficoltà, grazie a una recente modifica normativa (2017), dall’anno scorso l’Agenzia prevede l’assegnazione dei beni direttamente alle associazioni e ai soggetti del “privato sociale”, ma anche questi naturalmente hanno bisogno di un sostegno finanziario, almeno nella fase iniziale dell’attività.

Come in altri settori, è la macchina della Pubblica amministrazione a essere in affanno e a dimostrare le sue lacune, a cominciare da procedure spesso inutilmente complesse e defatiganti. Un aiuto concreto per sciogliere questi nodi potrà venire dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, con nuovi fondi e, soprattutto, con l’assunzione di personale giovane, preparato e motivato. Serve un progetto chiaro che affronti nella loro complessità le questioni tecniche, e soprattutto è necessaria la manifestazione di una precisa volontà politica nella consapevolezza che questa è una partita decisiva per l’intero Paese.

La valorizzazione efficiente di un numero sempre maggiore di beni confiscati è un tassello importante del contrasto sui territori che la mafia domina o inquina, perché le toglie uno strumento materiale ed è decisivo sul piano del consenso, creando opportunità di lavoro in attività economiche sane e così favorendo l’impegno e la coesione sociale: sono queste, oltre alla repressione, le armi che possono neutralizzare in modo duraturo il potere criminale.

LA STAMPA

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