Pranzo Letta-Conte, uniti sulla manovra: “Ma sull’alleanza bisogna accelerare

ROMA. L’incontro doveva restare riservato, ma si è svolto da “Settimio all’Arancio”, ristorante romano dove pranzano sempre molti giornalisti. E così, Giuseppe Conte ed Enrico Letta, una volta pagato il conto, hanno dovuto fare buon viso a cattivo gioco: «Atmosfera positiva come sempre. Abbiamo parlato di legge di bilancio e dello scenario che si è aperto dopo le elezioni amministrative», ha risposto ai cronisti il segretario del Pd tornando al Nazareno. Un sorriso e poi via, senza concedere molto di più, come fa anche il leader del Movimento: «Un semplice confronto di idee», ha detto col passo svelto verso casa.

La facile armonia a tavola si trova sulle linee di politica economica da far entrare in manovra: dal rilancio del reddito di cittadinanza alle misure per dare respiro alla classe media, passando per l’attenzione alle imprese e l’aiuto dei giovani che entrano nel mercato del lavoro. Ma in più di un’ora di faccia a faccia c’è il tempo di andare ben oltre le sintonie e quando Letta, ticchettando sulla tovaglia a scacchi rosati, getta lo sguardo più in là, oltre la partita quirinalizia, trova negli occhi del suo alleato uno sguardo diverso. La visione di Conte, infatti, non collima sempre con la sua. Non sul perimetro dell’alleanza, né sulla legge elettorale per arrivare al voto. E a tavola non si esclude neppure che le pulsioni interne alla Lega possano anche provocare un ritorno anticipato al voto.

L’alleanza, comunque, procede. A chi contesta lo schema, spesso i due leader ricordano che insieme governano da due anni, che c’è «una visione comune europea», e che ci sono «realtà importanti in cui costruire l’intesa, come la regione Lazio e, da adesso, metropoli come Napoli e Bologna». Anche di questo si è parlato. In due, però, non si vince. E Letta ha portato all’attenzione di Conte gli ultimi sondaggi usciti in settimana che danno vittorioso, alle prossime elezioni, solo un centrosinistra largo e unito. Per il segretario del Pd va quindi tenuto aperto un dialogo con Matteo Renzi e Carlo Calenda, soprattutto fino a quando tra le file del suo partito ci sono ancora così tanti ex-renziani. Per Conte invece non c’è spazio per Italia Viva e Azione, ma sembra farne una questione di posizionamento politico, più che di sostanza. Non sarà lui – è il pensiero dell’ex premier – a inviare ramoscelli d’ulivo ai due leader di centro con cui i rapporti, finora, sono sempre stati ostili. Sarebbe però utile – si ragiona – provare ad aprire una spaccatura all’interno di Forza Italia e Lega, con i sei ministri “moderati” ormai in rotta con i vertici dei loro partiti e si discute delle sirene che dal Pd e dal M5S sembrano suonare in direzione dell’ala governista di centrodestra. Molto dipenderà, però, dalla legge elettorale, finita al centro della discussione a pranzo. Il proporzionale che vorrebbe Conte libererebbe le forze di centro, da Calenda a Renzi, ma il leader M5S, nel caso, vorrebbe uno sbarramento al 5% per rendere quasi impossibile il loro ingresso in Parlamento.

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