“Porte chiuse al cashback di Conte”. E sulle pensioni pochi margini a Salvini

Ilario Lombardo, Francesco Olivo

Mario Draghi ha il suo metodo: si tratta fino all’ultimo centimetro, poi però si decide. Con i partiti, con i sindacati, con Confindustria: tutti sono benvenuti al tavolo di Palazzo Chigi ma deve esserci una reciproca disponibilità a negoziare. E, dunque, a cedere qualcosa. I partiti, come era largamente prevedibile, assediano il presidente del Consiglio con le loro richieste, ventilano minacce, cercano compromessi migliori di quelli del giorno prima. Alla vigilia del Consiglio dei ministri che darà il via libera alla legge di Stabilità, e che al più tardi dovrebbe essere tra mercoledì pomeriggio e giovedì, Draghi è pronto a fare qualche altra apertura. Ad affrontare gli ultimi assalti, per ricondurli all’interno della stessa logica di sempre: «Ogni scelta deve essere sostenibile». Detto altrimenti, i soldi a disposizione sono pochi e qualcuno andrà scontentato. Giuseppe Conte, per esempio. Il leader del M5S chiede che Draghi «mantenga la parola» sul cashback. Sospeso per l’ultimo semestre del 2021, a giugno il premier aveva promesso di reinserire nel 2022 lo sconto per incentivare i pagamenti elettronici. Così non sarà, almeno a sentire Palazzo Chigi e il Tesoro. Da quanto confermano alla Stampa, una mediazione è diventata impossibile. I tecnici hanno tentato di salvare parte della misura cara a Conte, mantenendola per i redditi più bassi, ma dai calcoli fatti si è convenuto che sarebbe stata meglio sacrificarla del tutto. Ora bisognerà vedere se e quanto Conte intenda reagire per difendere un provvedimento che neanche tutti i 5 Stelle al governo ritengono prioritaria come battaglia, rispetto per esempio a Superbonus e salario minimo.

Conte e Draghi continuano a non incontrarsi di persona, e il gelo nei rapporti tra i due non aiuta. I colloqui del premier con Matteo Salvini, invece, iniziano ad avere una certa continuità. Per la terza volta in tre settimane, il leader leghista è stato ricevuto a Palazzo Chigi. La riforma delle pensioni è un passaggio decisivo per dare un senso alla complicata partecipazione al governo della Lega. Il colloquio è durato circa un’ora, mentre, in una stanza accanto, il sottosegretario Federico Freni, indicato al Mef dalla Lega, il suo predecessore Claudio Durigon e i tecnici del ministero analizzavano cifre e tabelle.

Salvini ha un’urgenza: scongiurare un ritorno alla Legge Fornero, o qualcosa che le assomigli. Draghi lo ha capito e ha detto che farà «il possibile» per andare nella direzione del leghista, ma senza rinunciare al definitivo seppellimento di Quota 100, il cavallo di battaglia leghista degli ultimi tre anni. Il premier ha ribadito al leader del Carroccio il senso del ritocco pensionistico che verrà affrontato con questa legge di Stabilità. Non è una riforma epocale, ma solo il necessario aggiustamento che serve a non far sballare i conti. Per questo, anche Quota 102 congelata per almeno un biennio, come proposto dalla Lega, è difficile che passi. Sul tavolo restano altre ipotesi già note, e secondo fonti del Mef, la trattativa si potrebbe chiudere su Quota 102-104 tra il 2022 e il 2023, aprendo a deroghe come chiesto dalla Lega. Altra possibilità: che gli scalini si fermino un anno prima, a Quota 102-103, sempre prevedendo qualche deroga.

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