Accuse incrociate e veleni, caccia ai franchi tiratori: stress test per il Quirinale

Federico Capurso

ROMA. Una voce ruvida, inconfondibile, irrompe all’uscita dall’Aula del Senato, subito dopo il voto che ha sancito la morte del ddl Zan. «Chi troppo vuole, nulla stringe». È il vicepresidente di Fratelli d’Italia, Ignazio La Russa, che si avvicina a ogni capannello di senatori Dem e Cinque stelle che incontra sulla sua strada, si affaccia alle loro spalle, «chi troppo vuole nulla stringe», ripete, e senza aspettare una risposta si allontana compiaciuto. Nessuno reagisce. Un po’ è l’umore a terra, un po’ la preoccupazione per i numeri che non tornano. Quei 154 voti arrivati a favore della tagliola, nel segreto dell’urna, sono semplicemente «troppi» per chi teneva in mano il pallottoliere del fronte di centrosinistra. Ci sono stati dei franchi tiratori, dunque. Almeno 16. Qualcuno ne conta 18. Una certezza che turba gli animi, in vista della partita del Quirinale.

Renziani e grillini si accusano a vicenda. La notizia che Matteo Renzi al momento del voto fosse su un aereo per l’Arabia Saudita, per molti, è una prova di colpevolezza. Lui rimanda la palla nel campo del Pd: «Sappiamo di chi è la colpa». I suoi senatori, poi, sono pochi rispetto alla quantità di voti che si sono riversati dall’altra parte. Non possono essere solo loro. Per gli uomini vicini al segretario Dem Enrico Letta le defezioni sono arrivate da più parti e non sono state spontanee, ma «orchestrate». Ma di certo, aggiungono, «Renzi ci ha traditi». Al Nazareno, per la verità, già da qualche giorno gli sguardi erano accigliati. Chi aveva messo da parte i numeri, preferendo annusare l’aria del Senato, si diceva pessimista. Eppure, nella prima mattinata di ieri, dagli uffici del Pd a palazzo Madama uscivano pronostici all’insegna dell’ottimismo: «Dovremmo avere 148 o 149 voti, contro i 140 del centrodestra. Andiamo avanti e proviamo il tutto per tutto». Alla fine, ne otterranno solo 131.

Si deve tornare a fare di conto, quindi. Al netto degli 11 assenti, il fronte delle 5 forze a favore del ddl Zan – Pd, M5S, Italia viva, Leu e Autonomie – poteva contare su 130 voti. Lo stesso numero del centrodestra, tra i presenti di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. Poi però c’è il calderone del gruppo Misto a scompaginare ogni cosa. Da una parte, la componente di Gaetano Quagliariello, Idea e Cambiamo, che porta 6 voti al centrodestra; dall’altra, la senatrice Emma Bonino, di +Europa, che si schiera con il centrosinistra, mentre tra gli ex M5S della componente “Alternativa c’è” si lascia libertà di voto: qualcuno è a favore; altri, come il senatore Mattia Crucioli, votano «contro la tagliola, previa rassicurazione che il testo si sarebbe potuto modificare, perché non mi piaceva». Nei pronostici del Pd rientrava anche la forzista contraria, Barbara Masini, riequilibrata però dal dissenso interno di Tommaso Cerno: «Io, unico gay dichiarato del Senato, non sono stato ascoltato. Il metodo del “tutto o niente” del Pd è stato sbagliato. Per questo non ho partecipato al voto». Tra chi si aggiunge e chi si defila, però, sulla carta il centrosinistra doveva superare agevolmente quota 140. Invece, avrà 1 solo voto in più rispetto alla base di partenza dei 130.

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