Che cosa ha portato all’affossamento del Ddl Zan (e perché nel Pd ora c’è allarme per il voto per il Quirinale)
Non si vede nessuno del Pd. Quando la votazione è finita, il centrodestra ha riempito di applausi l’emiciclo di Palazzo Madama e i senatori hanno cominciato ad abbandonare l’aula, davanti alla buvette compare soltanto Roberta Pinotti che con lo sguardo torvo allunga il passo lungo il corridoio lasciando vuoti tutti i taccuini dei cronisti.
Non si vede nessuno del Pd. Sono corsi tutti al Nazareno. Dopo il voto del Senato nella sede nazionale dem si è riunito una sorta di gabinetto di guerra ed è Enrico Letta, che ha fatto filtrare la linea decisa dal partito. Se ne prende la responsabilità: la linea su quel provvedimento è la sua. Il segretario, non si tira indietro e davanti ai suoi ci mette la faccia.
Letta, la responsabilità della linea
Precisazione inevitabile, del resto, quella di Letta, per arginare il bailamme che dietro le quinte del Senato è scoppiato nel partito. Davanti, dopo la Pinotti, si erano viste del resto le lacrime di Valeria Fedeli. Andrea Marcucci si era sfogato su Twitter: «È stata una gestione fallimentare. Il partito dovrà interrogarsi a fondo su quanto è avvenuto». E a lui aveva fatto eco Dario Stefano, presidente della Commissione Politiche dell’Unione europea: «Sì, ci vuole una riflessione profonda».
Quei voti dei «libertini» di destra
Chi non riflette è invece Ignazio La Russa. Il presidente dei senatori di Fratelli d’Italia non fa altro se non camminare avanti e indietro davanti alla buvette gongolando e godendo di tutti quei microfoni che lo inseguono, mentre il leghista Andrea Ostellari allunga le labbra stiracchiando addirittura un sorriso. A ridere di gusto ci penserà il pomeriggio il suo compagno di partito Simone Pillon, ineffabile con il suo cravattino nero. Incontra Gaetano Quagliariello e lo stringe in un abbraccio: «Ci hai regalato un sogno». L’esponente di «Cambiamo» è riuscito a portare i suoi sette voti al mulino del centrodestra. «Non è stato facile, ci sono diversi libertini tra i miei», dice mentre abbracciato a Pillon intona, parafrasando Massimo Ranieri: «Perdere la Zan, quando si fa seraaa…».
Quanti sono davvero i franchi tiratori?
E Tommaso Cerno, che non ha votato, osserva: «Era ovvio che finisse così, il Pd non ha voluto dare retta a me, unico gay dichiarato in Senato, ed è andato avanti sulla linea “o tutto o niente” con questo bel risultato». Ma Letta è convinto che «non vi fosse alternativa possibile, perché il centrodestra ai più alti livelli ci aveva già fatto sapere di non voler mediare». E ai suoi spiega: «Italia viva ci aveva promesso di essere compatta, così non è stato». Una versione che però non convince tutti, soprattutto i diretti interessati. Secondo Matteo Renzi i franchi tiratori «in realtà erano 40». Il leader di Iv ribalta l’accusa su Pd e M5S: «Non solo non conoscono la politica, ma nemmeno l’aritmetica». Già, anche il numero dei franchi tiratori in questa giornata caotica cambia a seconda di chi parla. Per i dem sono 16, per i giornalisti che nel pomeriggio impazziscono sui tabulati delle votazioni sono 23 e per Renzi addirittura 40.
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