Uomini grigi
È quasi una costante, un elemento che caratterizza non dico tutti ma la maggior parte dei personaggi che sono saliti sull’alto Colle. Non sono uomini in grigio, cioè non indossano – si fa per dire – l’uniforme che spesso contraddistingue la competenza e l’autorevolezza, ma per lo più, soprattutto recentemente, sono arrivati al Quirinale per l’immagine, con tutto il rispetto, di uomini grigi. Prima di diventare presidenti della Repubblica, infatti, non spiccavano per le loro idee, né tantomeno erano dotati di una leadership carismastica. Tutt’altro. Furono scelti perché erano personalità che non suscitavano gelosie, odi, passioni. Detto in altro modo, perché erano politicamente dei navigatori spesso con personalità incolori.
E qui vale la pena introdurre una riflessione che ad alcuni potrà apparire anche una provocazione. Molto spesso i presidenti che ebbero questa caratteristica delusero chi li propose, perché tentarono di legittimarsi in tutti i modi con gli altri. O furono dei pedissequi esecutori dell’area che li aveva portati al Quirinale. Ad esempio, Oscar Luigi Scalfaro che fu scelto da Bettino Craxi, fu lo stesso che aprì la strada alla sua fine. Come pure, sempre Scalfaro, si appoggiò sulla sinistra per arrivare alle elezioni anticipate nel ’94 che decretarono la morte del suo partito, la Dc. Mentre un anno dopo si comportò in modo totalmente opposto: manovrò per decretare la fine del primo governo Berlusconi, e poi si inventò un calendario tutto suo per impedirgli di andare alle elezioni. Esempi del genere non sono mancati anche in tempi recenti. Diversi leader hanno visto le loro parabole politiche puntare verso il basso per un presidente che ha negato le urne (Berlusconi, Renzi) o il mandato di formare un governo (Salvini). Su un altro versante, ed è un dato di fatto, mentre la sinistra che li ha espressi è stata salvaguardata, il centrodestra è sempre stato penalizzato. È il racconto degli ultimi venti anni.
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