L’ultima stagione populista, il partito di Fedez
Annalisa Cuzzocrea
Il punto non è capire se Fedez faccia o meno sul serio. Se dietro alla registrazione del dominio internet Fedezelezioni2023.it ci sia davvero la volontà del rapper di entrare in politica, o se si tratti dell’ennesima operazione di marketing. Ci sono un nuovo disco in arrivo, con gadget assortiti approvati dalla moglie Chiara Ferragni. C’è – basta guardare il suo profilo Instagram – la sigla della serie televisiva in uscita a inizio dicembre su Amazon Prime, The Ferragnez, sul modello delle celebrities americane. Con la promessa di entrare ancora più dentro la vita della coppia che è un brand, un modello, una società che fattura milioni di euro e ora – sempre più spesso – una voce che prende posizioni pubbliche. Le urla, anzi. Amplificata da milioni e milioni di follower su tutti i canali. Con toni che l’antipolitica degli ultimi venti anni ha già ampiamente anticipato: «Politici, fate schifo» (scrive lei). E il cantante, diretto a Matteo Renzi che aveva replicato, affonda: «C’è tempo per spiegare quanto sei bravo a fare la pipì sulla testa degli italiani dicendogli che è pioggia». Il merito era il disegno di legge Zan contro l’omotransfobia.
Il punto non è questo. Non è la violenza delle parole, sulla quale gli esponenti dei partiti che siedono oggi in Parlamento non possono certo dare lezioni. Non è il «dove vuole arrivare?» che ieri risuonava in un Transatlantico di nuovo abitato da ombre in attesa di un voto, perché c’era la fiducia e bisognava esserci tutti. La domanda è un’altra: dov’è la differenza? In quale angolo dello spazio pubblico risiede ancora la distinzione tra un cantante che usa i suoi social per diffondere messaggi in cui crede, e contemporaneamente promuovere se stesso, e politici che con Facebook, Twitter, Instagram, perfino Tik Tok fanno assolutamente lo stesso. Organizzando squadrette per promuoversi, attaccare, difendersi. Senza avere il seguito che possono vantare i Ferragnez (inscindibili a partire dal nome, perché la potenza di lui è molto amplificata da quella di lei). E allora, se la differenza troppo spesso non si vede, se il medium è lo stesso ed è usato nello stesso modo, se la maggior parte dei partiti scompare dietro il leader di turno, tutto è possibile come tutto lo è stato. Beppe Grillo ha cominciato con un blog e Piero Fassino ancora rimpiange di aver detto: «Si candidi, vediamo che succede». Donald Trump era famoso per essere ricchissimo e per un reality in cui si limitava a cacciare le persone, «you are fired», e si è visto quanto bisognasse prendere sul serio la sua corsa alla presidenza degli Stati Uniti. Ma gli esempi sono innumerevoli.
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